La truffa a nome di Crosetto, pronta la denuncia del ministro – Notizie

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Arriverà a breve in procura a Milano l’esposto del ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha visto il suo nome usato per mettere a segno la truffa nei confronti di una serie di imprenditori e professionisti di rilievo.

Un lungo elenco di nomi di successo a cui nei giorni scorsi sono state chieste cifre da capogiro per liberare fantomatici giornalisti rapiti in Medio Oriente. “La mia denuncia è già pronta”, ha spiegato all’ANSA il ministro che, svelando per primo il raggiro, ha messo in guardia molte persone ed evitato loro di cadere in trappola.

Il caso giudiziario, di cui pure lui è vittima di sostituzione di persona, è partito con l’apertura di una inchiesta in Procura a Milano, grazie alla sua segnalazione. Tutto è iniziato martedì scorso con la chiamata di un amico, grande imprenditore, “che mi chiede perché la mia segreteria avesse chiamato la sua per avere il suo cellulare – ha spiegato lo stesso Crosetto nei giorni scorsi – Gli dico che era assurdo, avendolo io, e che era impossibile. Verifico per sicurezza e mi confermano che nessuno lo ha cercato”.

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Nei giorni successivi continuano episodi simili, con la notizia anche di un altro imprenditore che ha fatto un bonifico – circa un milione di euro – ad un conto su richiesta proprio del ministro e di un sedicente generale. Una truffa ripetuta anche altre volte, a giudicare dalle denunce pervenute alla Procura di Milano.

All’imprenditore amico, Crosetto ha inviato “i carabinieri a casa” e, come se non bastasse, “ho segnalato” quanto accaduto “all’autorità giudiziaria e ai servizi”. In attesa che il titolare della Difesa depositi l’esposto e renda eventualmente la sua deposizione al pm milanese Giovanni Tarzia, titolare dell’indagine assieme al procuratore Marcello Viola, – al momento “non c’è appuntamento che io sappia”, ha aggiunto Crosetto – proseguono gli accertamenti dei magistrati.

Verifiche sono in corso su un elenco che inquirenti e investigatori hanno in mano con i nomi di tutti coloro che sarebbero stati chiamati per quella che i truffatori hanno cercato di spacciare come una “questione urgentissima” che riguarda “la sicurezza nazionale”.

Dall’altra parte del telefono una voce, che si ritiene non sia stata riprodotta dall’intelligenza artificiale, molto simile a quella del responsabile della Difesa o di una persona che si spaccia per componente del suo staff, per dirigente del ministero, che racconta di inesistenti giornalisti rapiti in Iran, Siria e comunque in zone pericolose e chiede un aiuto per pagare riscatti milionari con garanzia di restituzione.

Si domanda un bonifico da versare su conti esteri, anche a Hong Kong. Poiché in un caso il colpo è andato a buon fine, inquirenti e investigatori stanno battendo la pista del denaro, rincorrendo i flussi che portano all’estero, in Europa per poi svanire forse in qualche paradiso fiscale. In più, per riuscire nella missione quasi impossibile di bloccare il milione finora indebitamente rastrellato, hanno attivato tutti i canali di cooperazione internazionale.

Il meccanismo, è l’ipotesi, sarebbe stato congegnato sfruttando il recente caso di Cecilia Sala e avrebbe avuto come obiettivo solamente industriali e professionisti con determinate caratteristiche e un certo target: tra questi Marco Tronchetti Provera, Diego Della Valle, Giorgio Armani, Patrizio Bertelli, marito di Miuccia Prada e presidente del gruppo, le famiglie Caltagirone, e i Del Vecchio. Hanno sporto denuncia Massimo Moratti e le famiglie Aleotti, azionista del gruppo Menarini, e i Gussalli-Beretta, proprietari della multinazionale produttrice di armi. Non è escluso che nelle prossime ore anche altri vip faranno la stessa cosa, oltre al ministro Crosetto.

La ricostruzione della vicenda

La Procura di Milano è al lavoro per individuare la rete di truffatori che avrebbe colpito a nome del ministro della difesa Guido Crosetto o del suo staff, chiedendo a imprenditori e professionisti facoltosi parecchi soldi, anche milioni, per pagare inesistenti riscatti di giornalisti prigionieri in Medio Oriente.

Dopo quella di Massimo Moratti, sono arrivati anche gli esposti della famiglie Aleotti, azionista del gruppo Menarini, e Beretta, proprietaria della multinazionale produttrice di armi. Le quali, a differenza dell’ex presidente dell’Inter, non sono cadute nella ‘trappola’ congegnata in modo tale da essere credibile, a partire dalla voce dello stesso Crosetto. Tant’è che Moratti in una intervista ha spiegato: “questi sono bravi, sembrava assolutamente tutto vero . Comunque può capitare, poi certo uno non se l’aspetta una roba di questo genere. Ma succede a tutti…”.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

L’imprenditore ed ex presidente dell’Inter è stato bersagliato di telefonate anche nei giorni successivi alla denuncia, con altre richieste, a quel punto fallite, di versamenti. Hanno invece pensato subito a una truffa i Gussalli Beretta, ai vertici dell’omonima azienda, così come altri nomi noti del mondo dell’imprenditoria e professionisti di un certo peso. Fanno parte di un elenco di persone contattate e su cui il pm milanese Giovanni Tarzia, il procuratore Marcello Viola e i carabinieri del nucleo investigativo stanno facendo accertamenti: tra questi Marco Tronchetti Provera, Diego Della Valle, Giorgio Armani, Patrizio Bertelli, marito di Miuccia Prada e presidente del gruppo, le famiglie Caltagirone e Del Vecchio (non Leonardo) e tanti altri vip facoltosi.

Da quanto si è saputo, inquirenti e investigatori starebbero battendo la pista dei soldi versati, che sarebbero transitati su conti esteri, probabilmente europei, per poi svanire forse in qualche paradiso fiscale. Inoltre, per riuscire nella missione quasi impossibile di bloccare il milione finora indebitamente rastrellato, hanno attivato tutti i canali di cooperazione internazionale.

Il meccanismo ideato dalla rete di truffatori, che si sarebbero spacciati per il ministro della Difesa imitando la sua voce o per un uomo del suo staff o un dirigente, avrebbe sfruttato, si ipotizza, il recente caso di Cecilia Sala. Da lì le chiamate con la richiesta di somme anche da capogiro per la liberazione di cronisti, utilizzando tantissimi numeri clonati, uno con prefisso di Roma e compatibili con quelli del ministero.

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