L’Italia ha violato lo Statuto di Roma. Senza la Corte Penale Internazionale, pur con i suoi limiti, i diritti umani nel mondo avranno meno tutele

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L’intervista di Lucia De Sanctis al prof. Vincenzo Musacchio, penalista e docente negli Stati Uniti al RIACS di Newark: “Nel caso Almasri è stato violato il diritto penale internazionale”. 


Professore, in questi giorni c’è tanta confusione sul caso Almasri. È possibile avere almeno un punto fermo?

A mio parere, sì. L’Italia ha violato il diritto penale internazionale rimpatriando Almasri. Questo è il primo punto fermo direi quasi assiomatico. L’Italia ha voluto fortemente e poi ratificato lo Statuto di Roma che istituiva la Corte Penale Internazionale. La ratifica ne impone l’osservanza e la prevalenza sul diritto interno, per cui il Governo italiano ha infranto una norma sovranazionale vincolante. Almasri andava consegnato. Ricordo che Miloševic e Karadžic furono consegnati alla giustizia da uno Stato che non aveva sottoscritto lo Statuto di Roma! Quel volo di Stato italiano anziché in Libia avrebbe dovuto atterrare in Olanda.

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In maniera semplice ci può dire quali norme dello Statuto di Roma ha violato l’Italia?

Senza dubbio alcuno ha violato l’art. 86. La norma prevede l’obbligo di cooperazione. Sfido chiunque a provare che quest’articolo sia stato rispettato. Il ministro della Giustizia avrebbe dovuto interloquire con la Corte Penale Internazionale e a quanto noto fino ad oggi non mi sembra che lo abbia fatto. Più violazione di questa credo non vi possa essere.

In Parlamento però Nordio ha detto che l’ordine di cattura era “nullo” per vizi di forma? Avrebbe quindi agito correttamente?

Il ruolo del ministro della Giustizia nella cooperazione con la Corte Penale Internazionale è di carattere servente, non decisionale. Ricordo, inoltre, che, al contrario della procedura di estradizione ordinaria, dove il governo, attraverso il ministro della Giustizia mantiene un potere discrezionale di carattere politico, nella cooperazione con la Corte penale internazionale il ministro svolge soltanto un ruolo esecutivo. Ai sensi della legge n. 237 del 2012, il ministro della giustizia “provvede” alla consegna (art. 13 comma 7), quando la procedura giudiziaria sia conclusa con esito positivo, al contrario, nella disciplina di estradizione ordinaria, egli mantiene la prerogativa di “decidere nel merito” (art. 708 comma 1 c.p.p.). Eventuali vizi del mandato si sarebbero potuti contestare nel processo penale a L’Aja in un secondo momento procedurale.

Secondo lei la Corte Penale Internazionale aprirà un fascicolo contro l’Italia per quanto è avvenuto?

Deve aprirlo perché c’è una palese violazione che riguarda la mancata cooperazione. È già successo nei confronti di altri Stati, non vedo perché non dovrebbe accadere per l’Italia. 

Settantanove Paesi sottoscrivono il pieno appoggio alla Corte Penale Internazionale contro Trump, Italia, Ungheria, Austria e Repubblica Ceca si schierano con gli Stati Uniti. Che ne pensa?

Io sto con i settantanove Paesi, su questo non ho il minimo dubbio. Credo che il mio maestro Giuliano Vassalli e Antonio Cassese che contribuirono alla stesura dello Statuto di Roma si stiano rivoltando nella tomba nel vedere che l’Italia, da sempre fautrice della giustizia penale internazionale, oggi la osteggia e la delegittima.

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Secondo lei qual è il reale rischio di questa delegittimazione?

È la marginalizzazione e lo svilimento delle organizzazioni internazionali in difesa dei diritti umani. È già accaduto per l’ONU e ora accade per la Corte Penale Internazionale. Il mantenimento della pace sarà sempre più precario e l’ordine mondiale diventerà sempre più instabile. Se si continuerà su questa strada, ci aspettano tempi bui in cui la guerra prevarrà sulla pace. Mi auguro solo che l’Italia rifiuti una simile ipotesi.

 

Vincenzo Musacchio, criminologo, docente di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro ordinario dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni Ottanta. È tra i più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali. Esperto di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto europeo di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative in ambito europeo.





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