L’Italia arretra nel campo della lotta alla corruzione: adesso lo certifica anche Transparency International. La classifica diffusa per il 2024 dall’organizzazione non governativa riconosce al nostro Paese il 52esimo posto a livello globale e il 19esimo tra i 27 Paesi membri dell’Unione Europea. L’Indice di percezione della corruzione (Cpi), elaborato annualmente da Transparency, assegna un punteggio a 180 Paesi e territori di tutto il mondo in base alla percezione della corruzione nel settore pubblico, utilizzando dati provenienti da 13 fonti esterne. I punteggi riflettono le opinioni di esperti.
Nel 2024 l’indice riconosciuto a Roma è di 54, cioè due punti in meno rispetto all’anno scorso. Si tratta della prima inversione di tendenza per l’Italia negli ultimi 13 anni, che però costa una perdita di ben dieci posizioni nella classifica globale. Nel 2023, infatti, l’Italia aveva confermato un indice di 56, valore identico all’anno precedente: poichè nel frattempo gli altri Stati avevano migliorato la loro condizione, però, Roma aveva perso una posizione, passando al 42esimo posto su 180 Paesi. La perdita di due punti del 2024, invece, fa scivolare il nostro Paese a quota 52, appena sopra il Bahrain: adesso anche Stati come Oman, Fiji, Rwanda e Arabia Saudita hanno una percezione della corruzione inferiore a quella italiana.
L’inversione di tendenza – Considerato che la scala va da 0 (alto livello di corruzione percepita) a 100 (basso livello), quello riconosciuto all’Italia è il primo calo nel punteggio finale dal 2012: negli ultimi tredici anni, infatti, Roma ha incrementato il suo valore di 14 punti. Nello stesso periodo, secondo l’analisi di Transparency, il sistema italiano “ha innescato positivi cambiamenti in chiave anticorruzione. Un risultato che è anche frutto delle misure anticorruzione adottate nell’ultimo decennio con l’applicazione di alcune normative adottate in materia di whistleblowing e di appalti pubblici”. A questo proposito l’ong ricorda la legge Severino del 2012 e la norma che dal 2017 tutela chi segnala reati o irregolarità sul lavoro, fino al recepimento della Direttiva europea sul Whistleblowing del 2024 (arrivato, per la verità, dopo alcuni rinvii). E ancora, viene citato il ruolo dell’Autorità nazionale Anticorruzione che, negli ultimi anni, “ha rafforzato la disciplina sugli appalti e creato un database pubblico che rappresenta un esempio regionale di rinnovata fiducia nei sistemi di trasparenza”.
“Riforme recenti indeboliscono i progressi”- Perché allora l’Italia ha perso dieci posti in classifica negli ultimi 12 mesi? “Le più recenti riforme ed alcune questioni irrisolte stanno indebolendo i progressi del Paese nel contrasto alla corruzione e incidono negativamente sulla capacità del sistema di prevenzione della corruzione nel settore pubblico. Dalla mancanza di una regolamentazione in tema di conflitto di interessi nei rapporti tra pubblico e privato, all’assenza di una disciplina in materia di lobbying – per la quale dal 2021 chiediamo una svolta”, si legge nel report di Transparency . L’ong critica anche le mosse del nostro Paese sul fronte dell’antiriciclaggio: “È stato tra gli ultimi a rendere operativo il Registro dei titolari effettivi, per poi rinviarne l’implementazione – inficiando potenzialmente l’efficacia delle misure antiriciclaggio”. E ancora viene sottolineato come finora sia “mancato il sostegno alla Direttiva europea anticorruzione, sulla cui proposta la Commissione Politiche dell’Ue della Camera dei deputati ha espresso un parere motivato negativo (luglio 2023)”.
“In Ue sforzi anticorruzione fermi “- Le cose non vanno meglio altrove. Il report, infatti, rivela che “in più di un decennio la maggior parte dei Paesi ha fatto pochi progressi nell’affrontare la corruzione. Oltre 120 Paesi coperti dal Cpi, ovvero più di due terzi del campione, ottengono ancora un punteggio inferiore al punto medio della scala (50 su 100)”. La lotta alle mazzette è in frenata anche nell’Europa occidentale, che rimane “la regione con il punteggio più alto (64)”, ma in cui “gli sforzi per combattere la corruzione sono fermi o in diminuzione“. La classifica fa registrare un calo anche ai principali Paesi dell’Unione come la Francia (meno 4 punti) e la Germania (meno 3 punti), ma anche le nazioni storicamente più forti come Norvegia e Svezia fanno segnalare i loro punteggi minimi. “Questo stallo compromette la capacità di affrontare le sfide più urgenti: la crisi climatica, la questione dello Stato di diritto e l’efficienza dei servizi pubblici”, scrivono gli analisti della ong. “Per far fronte all’indebolimento degli sforzi anticorruzione, nel 2023, la Commissione europea ha proposto alcune misure per rafforzare gli strumenti a disposizione degli Stati membri dell’Ue per combattere la corruzione – si ricorda nel dossier – Prima fra tutte una direttiva Anticorruzione che consentirebbe all’Unione Europea di consolidare il proprio ruolo nella lotta alla corruzione, armonizzando la legislazione anticorruzione degli Stati membri e rendendo obbligatoria nel diritto comunitario l’incriminazione per i reati previsti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (UNCAC)”. Secondo Michele Calleri, presidente Transparency International Italia, “in Europa, la direttiva anticorruzione è un’opportunità che non dobbiamo lasciarci sfuggire per migliorare gli standard anticorruzione dell’intera regione, delle Istituzioni europee e di ogni Stato membro. In Italia, la regolamentazione di questioni chiave come il conflitto di interessi e il lobbying sono il primo obiettivo di questa nuova stagione di cambiamento”.
La corruzione indebolisce la lotta per il clima – Il dossier 2024 di Transparency si concentra anche su come la corruzione stia indebolendo l’azione per il clima in tutto il mondo.” Con la consapevolezza che porre l’integrità al centro delle politiche globali contribuirebbe a frenare gli effetti del cambiamento climatico e raggiungere nuovi traguardi di sostenibilità”. Il resto della classifica, invece, racconta che per il settimo anno consecutivo la Danimarca è al vertice con 90 punti, seguita da vicino dalla Finlandia (88) e da Singapore (84). I punteggi più bassi vanno ai Paesi più fragili e colpiti da conflitti come il Sud Sudan (8), la Somalia (9), il Venezuela (10), la Siria (12), la Libia (13), l’Eritrea (13) e lo Yemen (13). Come negli anni precedenti, l’Europa Occidentale rimane la regione con il punteggio più alto (64). L’Africa subsahariana (33) e l’Europa orientale e l’Asia centrale (35) sono le regioni che invece hanno il punteggio più basso. La media globale del Cpiè di 43 e oltre la metà dei Paesi (56 percento) ha un punteggio inferiore. Nell’ultimo decennio sono 24 i Paesi che hanno migliorato i loro punteggi e 32 quelli che invece hanno registrato riduzioni di rilievo rispetto.
La previsione di Nordio – Resta da capire come la politica commenterà questi dati. Secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio non esiste in italia un problema di lotta alla corruzione. Lo scorso anno, infatti, il guardasigilli aveva sostenuto che la questione è dovuta solo ai criteri con cui vengono stilate le classifiche: “Abbiamo spiegato che i criteri di corruzione percepita non corrispondono affatto a quella reale, l’Italia risalirà nella graduatoria internazionale proprio perché abbiamo detto che i parametri sono sbagliati”, aveva detto in Parlamento. Evidentemente, però, il suo ragionamento non ha convinto gli esperti di Transparency. E l’Italia invece di risalire in classifica è crollata, per la prima volta in 13 anni.
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