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L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 22/E del 7 febbraio 2025, ha fornito importanti chiarimenti sul regime agevolativo per i lavoratori impatriati, previsto dall’articolo 5 del decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209, in vigore dal 29 dicembre 2023.
In particolare, l’Amministrazione finanziaria ha risposto a due quesiti relativi alla possibilità di accedere alle agevolazioni in presenza di specifiche condizioni. Vediamo in breve quali sono i chiarimenti forniti, ma prima ricordiamo in breve come funziona il regime agevolato per i lavoratori impatriati.
Che cos’è il regime agevolato per i lavoratori impatriati
Il decreto n. 209/2023 disciplina il nuovo regime fiscale per i lavoratori che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo d’imposta 2024. Il beneficio consente che i redditi di lavoro dipendente, assimilati e di lavoro autonomo derivanti da attività svolte in Italia concorrano alla formazione del reddito complessivo solo per il 50% del loro ammontare, entro il limite annuo di 600.000 euro.
Tuttavia, per poter accedere al regime agevolato, i lavoratori devono soddisfare determinate condizioni, tra cui:
- L’impegno a risiedere fiscalmente in Italia per un periodo corrispondente a quello indicato dalla norma;
- La mancata residenza fiscale in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti al trasferimento;
- Lo svolgimento dell’attività lavorativa in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta;
- Il possesso di qualifiche di elevata specializzazione o qualificazione, secondo le definizioni stabilite dalla normativa di riferimento.
Come funziona il requisito della pregressa permanenza all’estero
Uno degli aspetti chiave chiariti dall’Agenzia riguarda il periodo minimo di permanenza all’estero per poter beneficiare delle agevolazioni. La normativa distingue due situazioni specifiche:
- Se il lavoratore non ha mai lavorato in Italia per lo stesso soggetto (o per una società del medesimo gruppo) prima del trasferimento all’estero, il requisito di permanenza all’estero è di sei anni.
- Se il lavoratore ha lavorato in passato in Italia per lo stesso soggetto o per una società dello stesso gruppo, il periodo minimo di permanenza all’estero si allunga a sette anni.
Questo aspetto è fondamentale per determinare la possibilità di accesso al regime agevolato, soprattutto in caso di lavoratori autonomi che, al rientro in Italia, continuano a collaborare con il precedente datore di lavoro estero.
Emissione di fatture verso un unico cliente estero: è un ostacolo?
Un primo quesito posto all’Agenzia riguarda la possibilità di beneficiare del regime impatriati se il lavoratore autonomo, dopo il trasferimento in Italia, continua a emettere fatture nei confronti dell’azienda estera presso cui era impiegato prima del rientro.
La risposta dell’Agenzia è che tale situazione non rappresenta un ostacolo, a condizione che il lavoratore abbia rispettato il periodo minimo di permanenza all’estero previsto dalla norma (sei o sette anni, a seconda del caso specifico).
Mancata iscrizione all’AIRE: incide sull’accesso al regime agevolato?
Un altro quesito posto riguarda la possibilità di beneficiare del regime impatriati nel caso in cui il lavoratore non sia stato iscritto all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), ma abbia vissuto in paesi con i quali l’Italia ha stipulato una convenzione per evitare la doppia imposizione fiscale (come Belgio e Svizzera).
L’Agenzia ha chiarito che la mancata iscrizione all’AIRE non è di per sé un ostacolo all’accesso al regime agevolato. Tuttavia, la verifica dell’effettiva residenza fiscale all’estero non rientra nell’ambito delle richieste di interpello ordinario, in quanto si tratta di una valutazione di fatto che l’Amministrazione finanziaria può effettuare solo in sede di accertamento.
I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate in breve
L’Agenzia ha specificato che:
- Il periodo minimo di permanenza all’estero è di sei anni, se il lavoratore non era stato precedentemente impiegato in Italia per lo stesso datore di lavoro o un’azienda del gruppo, e di sette anni nel caso contrario.
- L’emissione di fatture verso un ex datore di lavoro estero non preclude l’accesso al beneficio, ma impone il rispetto del periodo minimo di permanenza all’estero.
- La mancata iscrizione all’AIRE non è un ostacolo automatico, ma la residenza fiscale deve essere dimostrata in base alle convenzioni contro la doppia imposizione.
- L’effettiva residenza fiscale non può essere determinata tramite interpello ordinario, ma solo in fase di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Per maggiori dettagli, è possibile consultare il testo completo della risposta n. 22/E del 7 febbraio 2025 dell’Agenzia delle Entrate, disponibile in formato PDF qui sotto.
Agenzia delle Entrate, risposta n. 22 – 2025 (1,9 MiB, 8 hits)
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