I dazi recentemente imposti da Trump a Canada, Messico, Cina e in prospettiva all’Europa, hanno aperto un dibattito accademico negli USA su protezionismo e tutela in USA e UE. Della complessa e incerta materia si tratteggiano i lineamenti essenziali nelle due prospettive.
Nel contesto statunitense, alcune importazioni oggetto di contratti del Governo (800 miliardi di $ all’anno) incluse le Agenzie (es. NASA, energia), sono già esentate dalle tariffe doganali. L’esenzione si applica in diversi ambiti previsti dalla legislazione USA, a partire dagli acquisti del Dipartimento della Difesa che rappresenta metà della spesa governativa, ed è soggetta alle regolamentazioni DFARS (Defence Federal Acquisition Regulation Supplement). Copre i prodotti finali e i componenti originati da 28 Paesi alleati, tra cui l’Italia, con cui esistono accordi bilaterali di reciprocità per il procurement difesa.
L’esenzione si applica anche ai contratti rientranti in una lista di prodotti di 47 Paesi firmatari dell’accordo plurilaterale WTO GPA (Government Procurement Agreement). Un’esenzione per la sicurezza nazionale è prevista altresì all’articolo XXI del Trattato GATT del 1994 in vigore. L’esenzione si applica anche ai 17 accordi di libero scambio sottoscritti dagli USA. Gli Stati Uniti, in quanto firmatari del WTO, prevedono queste disposizioni nella propria legislazione.
Trump, con l’approccio protezionista “Buy American”, intende esercitare una “peer pressure” come arma negoziale per ottenere qualcosa in cambio. Si può peraltro sottolineare che i dazi verso Canada e Messico, pur se temporaneamente sospesi, violano lo spirito e la lettera dell’accordo USA-Canada-Messico che rimpiazzò il NAFTA, negoziato da Trump nel primo mandato. Una contraddizione.
La sfida al sistema multilaterale del commercio: protezionismo, ritorsioni e strategie di difesa europea
Ma la minaccia più rilevante è la prospettiva di uno scardinamento del sistema multilaterale degli scambi sul quale si sono retti finora principi e regole incardinati negli accordi vigenti dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Sistema che ha contribuito a regolare la globalizzazione, seppure con crescenti difficoltà in quanto già con Obama e Biden gli USA si sono rifiutati di approvare la nomina di giudici al WTO (serve l’unanimità), bloccando in tal modo il funzionamento dell’organo che sovraintende alla risoluzione delle controversie.
È a fronte di questo stallo, della giustificazione dell’”ingiusto” deficit che avvantaggia Europa e Cina, delle preoccupazioni per la deindustrializzazione nazionale, delle promesse elettorali, che Trump ha lanciato l’America First Trade Policy Act. Con l’AFTPA si intende verificare – entro il 30 aprile 2025 – l’impatto delle distorsioni in tutti gli accordi commerciali incluso il GPA, che vieta (art.IV.7) le barriere tariffarie negli scambi tra Governi. L’obiettivo è mantenere il livello generale di concessioni reciproche e reciprocamente vantaggiose con i partner degli accordi in vigore. Già nel 2017 Trump chiese al Congresso di ritirarsi dall’accordo WTO GPA, Se adottato, avrebbe provocato la chiusura del public procurement USA ai competitori esteri.
Le critiche all’Europa vanno oltre la questione del deficit commerciale, e toccano l’assertività dell’UE, originariamente rivolta alla concorrenza sleale cinese, che ha adottato misure di tutela della sicurezza economica, dall’anti-coercizione al controllo dei sussidi esteri, dal monitoraggio degli investimenti esteri diretti al controllo degli investimenti verso l’esterno in aree sensibili per l’economia europea.
Il dibattito accademico sul “protezionismo US/UE” sostiene che l’UE ha una postura protezionista, riferendosi alla sentenza Kolin del 2024 della Corte di Giustizia Europea. In sintesi, non viene precluso l’accesso ma si limitano i diritti dei fornitori provenienti da Paesi Terzi a partecipare agli appalti di public procurement nella UE alle stesse condizioni dei fornitori europei, a meno che non esistano accordi internazionali di libero scambio o rientrino nell’accordo GPA. Prendendo in considerazione anche le misure UE sui foreign subsidies e l’International Procurement Instrument (accordi di reciprocità), è ipotizzabileopinione negli USA che le restrizioni minaccino il libero accesso ai mercati pubblici europei.
Tuttavia, non viene considerata l’esigenza UE di disporre di strumenti difensivi di tutela commerciale, a fronte di una situazione di squilibrio dove il mercato europeo è molto aperto rispetto a mercati terzi che adottano pratiche restrittive e discriminatorie e scarsa reciprocità. Anche i rapporti Draghi e Letta affermano l’importanza di politiche europee di public procurement per stimolare la competitività dell’economia europea.
Come possono reagire l’UE e i Paesi membri a possibili dazi di Trump? Oltre a dazi, si possono prevedere misure come la diversificazione delle fonti di approvvigionamento (ad esempio gli accordi di partenariato come Mercosur) e investimenti per prodotti sostitutivi, ma sono costose e con effetti non immediati. Allo stesso tempo la Commissione Europea, che ha competenza esclusiva sul commercio estero, ma che incontra difficoltà a ratificare l’accordo Mercosur in quanto serve l’unanimità, sta valutando come misura di ritorsione e deterrenza l’attivazione del Regolamento anti-coercizione – in presenza di interferenze indebite e restrizioni di Terzi – finora mai utilizzato, quali la revoca dei diritti di proprietà intellettuale, l’accesso limitato ai mercati dei servizi bancari, assicurativi e finanziari, e a prodotti soggetti con specifiche norme sanitarie.
Si tratta di misure la cui mera esistenza, secondo la CE, avrebbe di per sé un effetto deterrente. Saranno sufficienti in questa situazione convulsa a tutelare gli interessi europei?
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