Il Consiglio regionale ha approvato la norma che regola i tempi e i modi per accedere al suicidio assistito. Ecco cosa dice la legge appena approvata
La Toscana è la prima regione italiana a dotarsi di una legge che regola il suicidio medicalmente assistito. Il Consiglio regionale ha approvato la norma – frutto di una discussione avvenuta sulla base della legge d’iniziativa popolare presentata dall’associazione “Luca Coscioni” – con 27 voti favorevoli, 13 contrari e una consigliera che (nonostante fosse presente) ha preferito non esprimersi: si tratta della dem aretina Lucia De Robertis, la sola nel suo gruppo ad annunciare di non essere d’accordo, nonostante l’iniziativa legislativa sia stata guidata proprio dal Pd.
A garantire l’approvazione è stato invece il resto della maggioranza toscana di centrosinistra (Pd +Iv), cui si sono aggiunti i “sì” delle due Consigliere del Movimento 5 Stelle e quello di un rappresentante del Gruppo misto, Andrea Ulmi. Contrari tutti i rappresentanti dell’opposizione di centrodestra (6 leghisti, 6 di Fdi, 1 di FI). Lacrime e abbracci fra i rappresentanti dell’associazione Coscioni in aula dopo l’approvazione.
Cosa dice la legge: la procedura per chi fa domanda dura 37 giorni
L’attenzione è ora puntata sulla reazione del governo nazionale, che potrebbe valutare l’impugnazione di fronte alla Corte Costituzionale, la quale – va ricordato – aveva tuttavia invitato più volte il Parlamento a legiferare sul tema. Il governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza di una Regione, può infatti promuovere la questione di legittimità costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione.
La legge toscana si occupa di garantire a tutti i pazienti che si rivolgono alle Asl della Toscana uguale trattamento di fronte alla richiesta di accedere alla procedura per il suicidio medicalmente assistito. E individua tempi e responsabilità per farlo. Come detto il testo è stato elaborato sulla scorta della proposta di legge popolare presentata dall’associazione Luca Coscioni, che è stata modificata e armonizzata in Commissione Sanità per non incorrere in eventuali eccezioni di costituzionalità (il Consigliere di Forza Italia Marco Stella ha anche avanzato una pregiudiziale di costituzionalità in aula, che è stata respinta).
La legge appena approvata stabilisce dunque il percorso da seguire per chi vuole accedere al suicidio medicalmente assistito: la domanda semplificata da porre al direttore dell’Asl, la formazione della commissione – medica ed etica – che avrà massimo un mese per esprimersi sulla congruità dei requisiti, l’individuazione entro 10 giorni di un medico e di un farmaco da utilizzare (con medici che siano volontari e fondi ‘extra Lea’); infine l’esecuzione, entro una settimana dalla fine dei due precedenti passaggi. In tutto massimo 37 giorni per chi viene giudicato dalla commissione idoneo ad accedere al trattamento (in caso contrario la richiesta viene rifiutata). Tutta la procedura sarà gratuita.
Il dilemma dei cattolici, la mediazione di Sostegni, l’accusa di Stella
Nessuna legge, in questa legislatura, ha suscitato un numero di interventi così personali, con decine di richiami “alla coscienza” e racconti di vita privata durante le dichiarazioni in aula. Diversi consiglieri regionali si professano cattolici e praticanti. Soprattutto nel Pd, il partito proponente, questo tema è stato lacerante, ma non dirimente: molti di questi hanno infatti spiegato di “essersi convinti” del testo e di voler infine votare “sì”.
In questo senso è stata decisiva, negli ultimi giorni, l’pera di mediazione del presidente della Commissione Sanità Enrico Sostegni (Pd). A votare a favore è stato anche il presidente della Toscana Eugenio Giani, che aveva spiegato di volersi adeguare alla decisione del gruppo del suo partito nonostante non sia mai intervenuto sul tema.
«Il nostro – ha spiegato il governatore intervenendo prima del voto finale – vuole essere un esercizio del potere che s’inserisce come attuazione della sentenza della Corte costituzionale. La legge non fa altro che dare atto di procedure obiettive e chiarezza. Sento – ha concluso – che il messaggio che diamo è nazionale».
La capogruppo della Lega Elena Meini si è invece auspicata «che comunque la legge sia impugnata dal governo – un’opzione che già circola a Roma tra i banchi della maggioranza parlamentare – e che il Parlamento legiferi entro questo stesso perimetro». Tra i più indignati per l’esito del voto c’è il forzista Marco Stella, che ha dato battaglia in aula con una pregiudiziale di costituzionalità e diversi emendamenti (tutti respinti). L’azzurro paventa anche il rischio di «un turismo della morte in Toscana».
Le sentenze della Consulta, il silenzio del Parlamento
Il 18 luglio dell’anno scorso (2024) la Corte costituzionale si è pronunciata sul tema del suicidio medicalmente assistito. Con la sentenza n. 135 del 2024, ha confermato i requisiti per l’accesso al suicidio assistito stabiliti dalla sentenza n. 242 del 2019, inclusi la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale, che devono essere interpretati secondo la ratio di tale sentenza. Ha respinto in sostanza le questioni sollevate proprio da un gip di Firenze (che chiedeva di rimuovere il requisito della dipendenza dai trattamenti di sostegno vitale, sostenendo che fosse in contrasto con i principi costituzionali).
La Corte ha ribadito che il suicidio medicalmente assistito non è un diritto in ogni caso di sofferenza intollerabile, ma solo per pazienti che siano nelle condizioni stabilite dalla sentenza del 2019, e che il rifiuto di trattamenti medici deve essere bilanciato con il dovere di tutelare la vita, specialmente nelle persone vulnerabili.
Inoltre, la Corte ha precisato che la nozione di «trattamenti di sostegno vitale» include anche azioni che, se interrotte, portano alla morte del paziente in breve tempo. Ha escluso distinzioni tra pazienti già sottoposti a trattamenti e quelli che potrebbero averne bisogno, ma non vi sono ancora sottoposti, affermando che entrambi sono nelle condizioni previste dalla sentenza del 2019.
Il Parlamento nel frattempo non ha legiferato (come richiesto dalla stessa Corte), nonostante siano stati depositati già 4 disegni di legge sul tema (nessuno dei quali calendarizzato).
Così, diverse Regioni, dato che la sanità è materia che si amministra in concorrenza con lo Stato, hanno cominciato percorsi autonomi. Ci hanno provato con una legge – senza successo – in Veneto e il Piemonte, così come sono in corso discussioni nelle commissioni competenti in Campania e Sardegna, mente l’Emilia Romagna ha emanato una sorta di regolamento tramite una delibera di giunta.
L’unica Regione a portare a termine un percorso normativo dal Consiglio, tuttavia, è stata la Toscana. Che oggi ha approvato la legge.
Tante le prese di posizione politiche e delle associazioni Pro Vita contro la legge. Su tutte spicca quella del cardinale Paolo Augusto Lojudice, arcivescovo di Siena e presidente della Conferenza Episcopale Toscana: «Prendiamo atto della scelta fatta dal Consiglio Regionale della Toscana, ma questo non limiterà la nostra azione a favore della vita, sempre e comunque. Ai cappellani negli ospedali, alle religiose, ai religiosi e ai volontari che operano negli hospice e in tutti quei luoghi dove ogni giorno ci si confronta con la malattia, il dolore e la morte dico di non arrendersi e di continuare ad essere portatori di speranza, di vita. Nonostante tutto. Sancire con una legge regionale il diritto alla morte non è un traguardo, ma una sconfitta per tutti».
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