La Siria è custode di un patrimonio culturale di inestimabile valore, con sei siti riconosciuti dall’UNESCO. Tuttavia, oltre un decennio di conflitti ha messo a dura prova la loro conservazione, sollevando interrogativi sulle strategie di tutela in contesti di crisi. Con la recente transizione politica e l’attenzione crescente della comunità internazionale, il futuro del patrimonio siriano appare incerto ma carico di possibilità. In questa intervista, i professori Giovanna Segre e Alberto Oddenino, rispettivamente direttrice e vicedirettore del Master in Cultural Property Protection in Crisis Response dell’Università di Torino, analizzano le sfide, le opportunità e il ruolo della cooperazione accademica nella protezione e valorizzazione del patrimonio culturale in scenari di conflitto.
La Siria ospita sei siti dichiarati patrimoni dell’umanità dall’UNESCO. Quanto è stato difficile preservarli durante i conflitti che hanno attraversato il Paese negli ultimi 14 anni?
Segre: La Siria, con la sua inestimabile ricchezza di beni culturali, ha dovuto affrontare enormi difficoltà nella protezione non solo dei siti UNESCO, ma anche dell’importante patrimonio diffuso su tutto il territorio. La guerra e la prolungata instabilità politica hanno reso il paese un terreno difficile per la preservazione del patrimonio, anche rispetto al traffico illecito di beni culturali. Tuttavia, si registrano esempi virtuosi di cooperazione intrapresi per documentare i danni, cercare soluzioni e svolgere attività di formazione e valorizzazione del patrimonio, tramite il coinvolgimento diretto di esperti siriani e delle comunità locali. Testimonianze dirette che abbiamo raccolto durante lo svolgimento del Master in Cultural Property Protection in Crisis Response dell’Università di Torino, che nelle varie edizioni ha sempre avuto almeno un partecipante proveniente dalla Siria, hanno inoltre spesso sottolineato la necessità di non tralasciare il valore del patrimonio culturale immateriale, catalizzatore di nuove forme espressive ed artistiche che vengono coltivate e reinterpretate dalle generazioni siriane più giovani.
L’8 dicembre 2024, dopo quasi un quarto di secolo al potere, è stato deposto il Presidente Bashar al-Assad. Cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo governo di Abu Mohammed al Jolani in termini di tutela del patrimonio culturale siriano?
Oddenino: Con il cambiamento di governo si è certamente introdotto un elemento di importante cesura rispetto al passato, tuttavia il futuro del patrimonio culturale siriano è legato a doppio filo al livello di stabilità che si potrà raggiungere e alle politiche che verranno implementate. Alcuni esperti hanno evidenziato come la situazione attuale sia ancora incerta, essendo la Siria attualmente interessata da una fase di ricostruzione nazionale, politica e sociale estremamente delicata, che presenta anche delicati rischi di frammentazione che impatterebbe negativamente sul livello di protezione. La sfida è pertanto quella di conciliare le esigenze di recupero e tutela del patrimonio con le difficoltà politiche economiche e sociali del paese.
23 agosto 2015: l’ISIS distrugge completamente il sito archeologico di Palmira, in Siria. Quanto è stato grave quell’evento e in che modo ha influenzato la consapevolezza globale sull’importanza di proteggere il patrimonio dell’umanità a rischio?
Segre: La distruzione di Palmira è stata un momento fondamentale, per quanto tragico, per catalizzare l’attenzione globale sul patrimonio culturale in pericolo. La gravità di questo attacco è stata amplificata dalla simbologia di Palmira come uno dei più importanti siti archeologici del mondo. Il traumatico evento ha avuto un impatto duraturo sulla comunità internazionale, spingendo molte organizzazioni e Stati ad intensificare gli sforzi per proteggere il patrimonio culturale in zone di conflitto. La distruzione di Palmira e del patrimonio culturale siriano ha leso non solo la dimensione materiale dei beni, ma anche l’identità culturale delle comunità locali che di quei beni sono le dirette custodi. E questo rappresenta esattamente l’intento ultimo di gran parte delle azioni terroristiche volte alla distruzione del patrimonio culturale.
Venerdì 24 gennaio si è conclusa la Settimana della Cultura Siriana, un’iniziativa organizzata dall’Heritage International Institute per simboleggiare il nuovo corso delle relazioni diplomatiche, socio-economiche e culturali tra Damasco e Roma. Qual è stato il contributo dell’Università di Torino?
Oddenino: L’Università di Torino ha contribuito attivamente interrogandosi sulle opportunità di cooperazione culturale e sulle prospettive giuridiche di protezione del patrimonio siriano. L’incontro “A Dialogue on Syrian Cultural Heritage”, ha riunito il prof. Edoardo Greppi, emerito dell’Università di Torino assai autorevole su questi temi, il dott. Alessio Re, segretario della Fondazione Santagata, e due studenti dell’edizione appena conclusa del Master Cultural Property Protection in Crisis Response, l’architetta e conservatrice Yara Amayri e il dottorando in diritto Ludovico Carofano. L’incontro ha messo in luce il quadro normativo e di opportunità di cooperazione internazionale, sottolineando l’importanza della protezione del patrimonio in tempi di conflitto e nelle successive fasi di state-building. Inoltre, l’evento è stata un’opportunità per lanciare il Network ALUMNI del Master, una rete di 74 studenti formati, provenienti da 29 stati diversi, che contribuiscono attivamente alla protezione del patrimonio culturale e ad iniziative di ricerca.
Le norme internazionali attualmente in vigore sono sufficienti a tutelare il patrimonio culturale dei paesi in conflitto? In che modo lo tutelano?
Oddenino: Nel corso dell’evento è emerso che le normative internazionali, come la Convenzione dell’Aia del 1954 e il Protocollo del 1999, offrono una struttura giuridica importante e formalmente solida per la protezione del patrimonio culturale durante i conflitti, ma la loro attuazione spesso non è adeguata. Per questo è stata sottolineata, anche nell’evento citato, la necessità di un approccio olistico dal punto di vista giuridico, che non solo includa misure legali ma anche strategie pratiche, come la formazione del personale militare e l’incorporazione più diretta del patrimonio culturale nella regolazione delle operazioni di emergenza. L’importanza di un approccio che sia olistico anche nel senso di collettivo e intergenerazionale va ribadita come essenziale per la tutela del patrimonio. Il caso siriano mostra come gli sforzi di cooperazione internazionale possano risultare di grande aiuto per questo fine.
In che modo il Master Cultural Property Protection in Crisis Response dell’Università di Torino prepara i suoi studenti ad affrontare scenari complessi come la protezione dei beni culturali durante conflitti armati? Che tipo di attività vengono svolte?
Segre: Si tratta di un Master internazionale dell’Università di Torino, promosso dalla Cattedra UNESCO in Economia della cultura e del patrimonio, svolto interamente in lingua inglese, che da 5 edizioni prepara studentesse e studenti a rispondere efficacemente alle sfide della protezione del patrimonio culturale durante le situazioni di crisi, quindi conflitti e tensioni sociali, effetti del cambiamento climatico e dei terremoti, attraverso una formazione multidisciplinare che combina teoria e pratica. È frutto della collaborazione con il Comando per la Formazione dell’Esercito Italiano, il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, L’Istituto Internazionale di Diritto Umanitario di Sanremo e il Centro di Conservazione e restauro della Venaria Reale. Gli studenti, provenienti dalle aree geografiche più disparate, partecipano a seminari, workshop pratici, simulazioni e case studies. Il programma mira a formare una futura generazione di professionisti con competenze avanzate nella protezione dei beni culturali in tempo di crisi, nonché a potenziare il ruolo della cultura nella riconciliazione sociale e nella ripresa economica delle aree colpite. Il Master enfatizza anche l’importanza della collaborazione tra istituzioni accademiche, sociali e culturali, con un focus particolare sull’implementazione delle soluzioni sul campo e con la redazione di una tesi di tipo progettuale in modo da poter applicare a progetti concreti le competenze acquisite con il supporto della Fondazione Santagata e della SIOI Piemonte e Valle d’Aosta.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link