La Corte penale internazionale (Cpi) che ha sede all’Aja ha lanciato su X un appello ai suoi 125 Stati membri, “la società civile e tutte le nazioni del mondo a unirsi per la giustizia internazionale”, deplorando “la decisione dell’amministrazione statunitense di imporre sanzioni al procuratore capo Karim Khan. La Corte si impegna a continuare a svolgere il suo mandato nell’interesse di milioni di vittime innocenti di atrocità”. Istituita nel 1998 tramite lo Statuto di Roma, la Corte penale internazionale sta cercando di difendere disperatamente il suo operato e il tentativo di delegittimazione in corso. La scelta di Trump di sanzionare i vertici della Cpi riguarda gli ordini di arresto internazionali contro il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant e i leader di Hamas, tutti accusati di crimini di guerra e contro l’umanità. Il presidente Usa accusa la Cpi di “azioni illegittime e infondate” contro gli Stati Uniti e il suo alleato Israele. Inoltre, la Corte ha da poco aperto un fascicolo per chiarire la posizione italiana riguardo l’arresto e il successivo rilascio del generale libico Almasri accusato di torture e crimini contro l’umanità e sulla quale è partita l’indagine del Tribunale dei ministri per ricostruire l’accaduto. Abbiamo chiesto un parere al giurista Luca Masera, ordinario di diritto penale all’Università di Brescia.
E’ un momento difficile. Il contenzioso tra la Corte e gli stati rischia di allargarsi e dagli Stati Uniti sembra aver raggiunto anche l’Europa e in particolare alcuni Paesi che più di altri hanno sostenuto l’operato della Corte. L’Italia tra l’altro ha ospitato la conferenza istitutiva della Corte. E questo a mio avviso è pericoloso. Di fronte all’iniziativa americana di sanzionare i componenti della Corte, soltanto Italia, Ungheria, Repubblica Ceca e Lituania non hanno firmato il documento di condanna della decisione di Trump. Al momento il fronte europeo sembra ancora tenere, però
i segnali che arrivano non sono certamente incoraggianti perché mettono in discussione un’istituzione che ha segnato davvero una svolta storica nel mondo e nel diritto internazionale.
Sul caso Almasri la Corte penale ha aperto un fascicolo sull’Italia. Cosa implica?
Sì, bisogna distinguere. Le questioni sono due. C’è la denuncia di una delle vittime di Almasri, che però credo, purtroppo, avrà poche chance di portare a qualcosa. Invece l’iniziativa che ha preso la Corte penale internazionale nei confronti dell’Italia è di richiesta di chiarimenti. Il Trattato istitutivo della Corte prevede proprio che ci sia una continua collaborazione tra la Corte e gli Stati.
Se la richiesta non fosse poi ritenuta soddisfacente potrebbe generare ulteriori iniziative, ossia portare l’Italia davanti all’Assemblea dell’Onu o al Consiglio di sicurezza Onu per valutare i fatti.
Perché si attacca la Corte penale internazionale proprio adesso?
La Corte ha emesso finora condanne importanti riguardo i conflitti in Africa.
Viene attaccata proprio quando stava cercando di acquisire un ruolo anche nei conflitti che riguardano l’Occidente, cioè Israele.
Fa paura un’istituzione indipendente? Certo che fa paura.
C’è qualche via d’uscita a livello internazionale? L’Unione europea ha preso posizione contro le sanzioni di Trump. Oppure si rischiano scenari peggiori, come lo smantellamento della Cpi?
Smantellata in tempi brevi lo escludo assolutamente. Certo quest’opera lenta di delegittimazione può portarla sostanzialmente a non avere più un ruolo attivo. Perché la Corte penale internazionale vive se c’è la collaborazione degli Stati in quanto non ha un suo corpo di polizia né dispone di carceri. Strutturalmente il principio di complementarità che regola i rapporti tra gli Stati e la Corte non è un lavoro contro gli Stati, autonomo dagli Stati. Quindi è ovvio che se gli Stati, piano piano, anche quelli che storicamente l’avevano sostenuta, tolgono il sostegno, l’istituzione si inaridisce. Anche perché il sostegno alla Corte non è solo politico ma anche finanziario, necessario per il funzionamento dell’istituzione.
Certamente la Corte è un’istituzione scomoda perché va a porre riflettori su questioni che i governi vorrebbero tenere nascoste.
Qual è quindi il suo auspicio finale?
Che il contenzioso aperto al momento con l’Italia rientri o resti un caso isolato a livello europeo e che l’Europa rimanga salda sul sostegno a un’istituzione davvero indispensabile, per poter sperare in un futuro migliore, senza violenza e crimini di sistema. Quest’istituzione era un sogno di secoli. Si è riusciti a crearla, sarebbe davvero un delitto che la si lasciasse morire o la si attaccasse così.
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