Previsioni per l’economia 2025 tra innovazione e semplificazione

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11.02.25 – 18:00 – Non è una novità che investimenti ed esportazioni a Nordest sono in difficoltà, questo si evince anche dai dati Prometeia aggiornati a gennaio 2025. La previsione per il nuovo anno è, infatti, dimezzata rispetto alla stima di tre mesi fa. È invece più solida la variazione stimata per l’anno successivo, quando è prevista una crescita di sette decimi di punto. Complessivamente, alla fine del 2026 il Pil potrebbe segnare una variazione di 5,2 punti percentuali rispetto al 2019.
Per quanto riguarda le componenti della domanda, i consumi delle famiglie dovrebbero espandersi a un ritmo superiore a quello del Pil, sia nel 2025 (0,7 per cento) sia nel 2026 (0,8) sostenuti dal migliorato potere d’acquisto delle famiglie e della riduzione dei tassi di interesse.

Le scelte di investimento delle imprese sono ancora condizionate dalle incertezze della domanda estera, che svolge un ruolo determinante nell’attivare la crescita dei beni strumentali. La dinamica degli investimenti risentirà, poi, del venir meno degli incentivi nel settore delle costruzioni residenziali, compensati solo in parte dall’attuazione delle misure previste dal Pnrr dedicate ad opere pubbliche. Si stima un deciso calo nel comparto delle costruzioni (-3,2 per cento nel 2025, -6,2 per cento nel 2026) mentre si prevede prosegua il trend positivo in quello dei servizi (+0,7 nel 2025 e +0,9 nel 2026).

Il 2025 sarà un anno difficile, in particolare per il comparto manifatturiero. Affrontare le note criticità strutturali che il nostro sistema produttivo deve fronteggiare, vedi il costo dell’energia e l’aumento della competitività, impone necessariamente investimenti in digitalizzazione.

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Intanto a Nord Est aumenta il ricorso alla cassa integrazione. Aumenta soprattutto la cassa ordinaria, che in Veneto ha accumulato un monte ore superiore rispetto al 2009, l’anno successivo al crac Lehman Brothers. E ciò significa che ricorrendo a una cassa ordinaria le imprese prevedono una crisi transitoria, una difficoltà temporanea del mercato. Esattamente ciò che sta accadendo in questi mesi, con le aziende alle prese con i costi dell’energia, i timori per possibili dazi in arrivo dagli Stati Uniti e la sempre presente recessione tedesca. Le prospettive per il 2025 sono complicate. L’Ufficio parlamentare di bilancio ha appena dato una sforbiciata al Pil 2025: la crescita economica si fermerà al +0,8%.

Nell’ultimo triennio siamo cresciuti di 1 punto percentuale in meno rispetto alla media Ue. Negli ultimi 28 anni il PIL italiano è cresciuto più lentamente di tutti gli altri paesi membri della Ue e se l’occupazione ha raggiunto un record nel 2024 permangono i ritardi strutturali nel confronto europeo. L’Italia ha una produzione manifatturiera in contrazione da febbraio 2023 rispetto ai livelli del 2021 mentre, come accennato, vi sono tutti i dubbi legati allo spauracchio dei dazi di Trump.

Ma cosa esportiamo in Usa? Il saldo storicamente è positivo in quanto la Bilancia commerciale Italia/America registra un surplus per oltre 40 miliardi. E se la manifattura tedesca è in recessione da vari mesi l’Italia sta scivolando ora in zona recessione. L’export Italia verso Germania registra un calo del 40% per coke e prodotti petroliferi raffinati e del 30,6% di autoveicoli.

Anche la produzione industriale italiana ha registrato una contrazione pari al -5,7%. Tra i settori più in sofferenza ricordo il settore chimico e automotive.
Italia e Germania sono entrambi Paesi a forte vocazione manifatturiera in ambito Ue. Complessivamente nell’area operano oltre 2,2 milioni di imprese per 31 milioni di occupati il che significa che la dimensione media di impresa in termini di occupati è di 14,6.
Fatto 100 il numero di imprese manifatturiere nella Ue il 17% circa è localizzato in Italia, pari in valore assoluto a 358,5 mila imprese; segue la Germania con 250,7 mila (il 12% del totale). La dimensione media di impresa è pari a 31 in Germania e 12 in Italia. La struttura produttiva italiana frammentata in piccole e medie imprese spiega il perché in termini di job creation il primato spetti alla Germania che occupa nel settore manifatturiero oltre 7,7 milioni di lavoratori alle dipendenze il che significa che su 4 lavoratori manifatturieri europei 1 lavora in Germania. Segue la manifattura italiana che dà lavoro a circa 4,3 milioni di persone (il 13,5% del totale europeo).

Com’è noto il settore automotive italiano e tedesco permarrà in crisi anche nei primi mesi del 2025, ma la vulnerabilità dell’Italia è dovuta al fatto che l’export è piuttosto concentrato: i primi 10 mercati di destinazione assorbono circa il 60% dell’export italiano.
Se escludiamo Usa, Gran Bretagna e Cina, su 10 mercati di destinazione dell’export italiano 7 sono costituiti da Paesi membri della UE che insieme rappresentano oltre il 41% dell’export totale dell’Italia. In cosa siamo specializzati? Nel made in Italy nel mondo: In cima ai vantaggi comparati figurano il tessile e i prodotti in pelle in cui la quota italiana è 7 volte superiore al valore della quota mediamente registrato nel mondo. A parte questi prodotti che appartengono alla cosiddetta manifattura tradizionale, l’Italia mostra elevati vantaggi comparati di specializzazione nei prodotti che ricadono nella manifattura a “offerta specializzata” (meccanica strumentale, macchine e apparecchi elettrici escluso elettronica e illuminotecnica, cantieristica navale e ferroviaria).

Per alcuni di questi settori, si registrano quote export italiano circa 5 volte superiori rispetto alla media mondiale e secondo le previsioni della Commissione Europea di autunno, la bolla occupazionale si gonfierà progressivamente a partire dal 2025 quando la variazione dell’occupazione sarà dimezzata rispetto a quella prevista per poi registrare uno stop nel 2026 quando la variazione media annua prevista scenderà allo 0,2%.
Bisogna avere, pertanto, tutta la determinazione necessaria per adottare strategie di intervento di medio-lungo termine in settori chiave: orientamento scolastico e formazione, energia, infrastrutture, accesso al credito.

Di pari passo, bisognerà sostenere in modo strutturale l’innovazione tecnologica e avere la determinazione di fare le riforme e attuare le semplificazioni normative e burocratiche che attendiamo ormai da decenni per sanare i gap insostenibili che il sistema Paese ha accumulato rispetto ai competitor internazionali e che frenano la nostra economia.

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