Cure palliative in Italia: tra progressi e disuguaglianze

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Le cure palliative garantiscono dignità e sollievo ai malati, ma in Italia l’accesso resta disomogeneo. Mentre il Nord offre reti strutturate, il Sud fatica a garantire assistenza adeguata, soprattutto pediatrica. Investimenti, formazione e integrazione nel Servizio sanitario nazionale sono le sfide per colmare il divario

(Foto ANSA/SIR)

Le cure palliative sono la colonna portante dell’assistenza sanitaria per chi affronta malattie croniche, degenerative o terminali. Non puntano alla guarigione, ma perseguono un obiettivo altrettanto nobile: migliorare la qualità della vita dei pazienti attraverso il controllo del dolore e dei sintomi, offrendo al contempo un prezioso supporto psicologico e accompagnando sia il paziente sia la sua famiglia in questo difficile percorso. L’Italia ha segnato una svolta significativa con la legge 38/2010, che ha riconosciuto formalmente il diritto di accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore. Eppure, a quattordici anni dalla sua approvazione, la situazione sul territorio nazionale presenta ancora forti contrasti: mentre alcune regioni possono vantare reti ben strutturate ed efficienti, in altre l’accesso a queste cure essenziali resta limitato, con particolare criticità per i pazienti pediatrici.
Ma qual è lo stato dell’arte oggi? I dati più recenti del Ministero della Salute e dell’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, ente pubblico che affianca il ministero e le regioni nel migliorare qualità ed efficienza del Servizio sanitario nazionale) mostrano un quadro articolato. La rete di cure palliative, pur presente in tutte le regioni, rivela profonde differenze in termini di risorse, strutture e personale qualificato. Attualmente, questa rete si sviluppa su tre pilastri fondamentali: gli hospice, strutture residenziali che accolgono i pazienti in fase avanzata della malattia; le cure palliative domiciliari, garantite da équipe specializzate che portano l’assistenza direttamente a casa del paziente; i centri di terapia del dolore, dedicati al controllo dei sintomi dolorosi, anche quando non si è in fase terminale.

Mentre nelle regioni del Nord questi servizi raggiungono capillarmente il territorio, nel Centro-Sud persistono ostacoli logistici significativi, con liste d’attesa che si allungano e una copertura territoriale che non riesce a soddisfare le necessità.

Un capitolo particolarmente delicato riguarda le cure palliative pediatriche, che rappresentano una sfida ancora più complessa. I piccoli pazienti con patologie inguaribili necessitano di un’assistenza altamente specializzata, spesso molto diversa da quella prevista per gli adulti. Purtroppo, gli hospice pediatrici in Italia sono pochissimi, mentre anche l’assistenza a domicilio soffre spesso di risorse insufficienti.
Alcune regioni hanno saputo sviluppare modelli all’avanguardia, come la “Casa del Bambino” in Lombardia, l’hospice pediatrico di Padova con la sua rete domiciliare o la rete di assistenza domiciliare in Emilia-Romagna. Ma in troppe zone d’Italia mancano ancora équipe dedicate, lasciando le famiglie ad affrontare un percorso già tremendamente difficile senza il sostegno di cui avrebbero bisogno. La distribuzione dei servizi di cure palliative sul territorio nazionale disegna una mappa “a macchia di leopardo”, con disuguaglianze marcate tra le diverse regioni. Nel Nord Italia, Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna guidano il gruppo con le reti più sviluppate. La Lombardia spicca con oltre 70 hospice accreditati, mentre l’Emilia-Romagna eccelle nella copertura dell’assistenza domiciliare. Nel Centro, Toscana e Lazio hanno compiuto passi da gigante, anche se il Lazio fatica ancora nelle zone più periferiche. Anche Umbria e Marche hanno notevolmente potenziato la loro rete di hospice e cure domiciliari. Al Sud e nelle isole il quadro si fa più preoccupante. Campania, Calabria e Sicilia mostrano ancora reti incomplete, con una presenza limitata di hospice e una carenza critica di équipe specializzate sul territorio. Note positive vengono da Puglia e Basilicata, dove i progetti di potenziamento stanno dando risultati promettenti. La stessa geografia si riflette nella presa in carico pediatrica: il Nord offre servizi più strutturati, mentre al Sud le famiglie si trovano spesso costrette a spostarsi alla ricerca di strutture adeguate.
Guardando al futuro, nonostante i progressi normativi, restano aperte diverse sfide cruciali. È necessaria un’ulteriore espansione delle reti regionali, con particolare attenzione al Sud. Occorre formare nuovo personale medico e infermieristico specializzato. Il potenziamento delle cure palliative pediatriche richiede più hospice dedicati e servizi domiciliari adeguati. Infine, una migliore integrazione con il Servizio sanitario nazionale può garantire maggiore equità nell’accesso.

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È fondamentale ricordare che le cure palliative non sono un semplice servizio sanitario, ma un diritto fondamentale della persona. Garantire a ogni cittadino – sia esso adulto o bambino – la possibilità di affrontare l’ultima fase della vita con dignità e senza sofferenza dovrebbe essere una priorità assoluta del sistema sanitario.

Pur riconoscendo i significativi passi avanti compiuti, l’Italia ha ancora molta strada da percorrere per assicurare un accesso equo e universale a questi servizi essenziali. L’obiettivo deve essere chiaro: eliminare le disuguaglianze regionali e garantire a ogni paziente, indipendentemente dalla sua residenza, la miglior qualità di vita possibile fino alla fine.
Una riflessione finale merita di essere condivisa, alla luce dell’attuale dibattito culturale, bioetico e normativo sull’eutanasia e sul suicidio assistito. La richiesta di queste pratiche nasce spesso dalla paura del dolore, dalla solitudine e dalla mancanza di un’assistenza adeguata. In questo contesto, l’effettiva implementazione delle cure palliative assume un ruolo determinante: offrire un efficace sollievo dal dolore e un supporto completo non solo ai malati, ma anche alle loro famiglie, può ridurre drasticamente quella sensazione di abbandono e disperazione che porta alcune persone a vedere nella fine della vita l’unica via d’uscita. Le esperienze internazionali confermano questa correlazione: dove le cure palliative sono facilmente accessibili e ben strutturate, la richiesta di eutanasia diminuisce in modo significativo. In un Paese dove le cure palliative fossero davvero alla portata di tutti, la richiesta di eutanasia e suicidio assistito assumerebbe un significato profondamente diverso, perché chi soffre non si sentirebbe più abbandonato e privo di alternative. Potenziare questi servizi diventa quindi non solo una questione sanitaria, ma un vero e proprio atto di civiltà e giustizia sociale.





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