Trump e Putin vanno all’incasso in Ucraina – Analisi Difesa

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Dopo tre anni di retorica sulla democrazia da salvare contro l’autocrazia e la necessità di difendere la libertà e i valori del mondo libero dall’orco russo, Donald Trump ha riportato anche la guerra in Ucraina in un contesto più concreto e di facile comprensione per tutti: soldi, materie prime e interessi!

Dopo il colloquio tra Trump e Putin prende corpo l’ipotesi di un’intesa che veda Russia e Stati Uniti passare all’incasso in Ucraina, in termini di territorio, risorse e sicurezza ai confini per Mosca, in termini economici per Washington che con questa guerra già ha ottenuto il non scontato successo di mettere in ginocchio un’Europa cieca e suicida.

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Il presidente statunitense ha chiarito il 10 febbraio di aver ottenuto dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky che ‘Ucraina paghi gli aiuti americani, che secondo le diverse dichiarazioni di Trump ammonterebbero a 175, poi 200 e infine 300-350 miliardi contro i circa 100 europei.

A Fox News ha detto che gli USA hanno dato l’Ucraina “più di 300 miliardi di dollari, probabilmente 350 miliardi di dollari, e l’Europa è dentro per probabilmente 100 miliardi di dollari, noi siamo dentro per più del doppio”.

A parte il fatto che la Casa Bianca potrebbe dotare il presidente di uno staff che includa consulenti in grado di non far pronunciare al presidente numeri a casaccio, come già fece quando disse che nella Seconda guerra mondiale i sovietici avevano avuto 60 milioni di morti invece dei 27 milioni passati alla Storia che gli vennero poi ricordarti da Dimitri Peskov, portavoce del Cremlino.

Ciò detto tra 300 e 350 miliardi di dollari di differenza ne passa, e ancor di più tra 175 e 350. E’ interessante notare che Zelensky aveva evidenziato la scorsa e di aver incassato solo 75 miliardi dagli Stati Uniti e di non avere idea di dove fossero finiti gli altri.

Certo l’Ucraina è ultra-corrotta e già diverse istituzioni americane hanno lamentato l’assenza di controllo su armi e denario inviati a Kiev. Esiste però un altro tema che spiega perché le ingenti somme di denaro ufficialmente destinate all’Ucraina non sono mai arrivate a Kiev così come in passato parte dei fondi destinati all’Afghanistan non sono mai arrivati a Kabul.

In termini di aiuti militari e umanitari la gran parte dei materiali, armi, munizioni destinate a Kiev sono state acquistare da Washington con commesse dirette alle aziende che le producono, commesse tese a produrre per Kiev o a produrre per le forze armate americane rimpiazzando equipaggiamenti forniti agli ucraini.

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Così, come spesso accade con gli aiuti statunitensi all’estero, sono soprattutto le aziende americane a beneficiarne.

In ogni caso Trump, dopo aver minato la residua credibilità del suo predecessore e del governo ucraino facendo sapere che al mondo che l’Agenzia US Aid (chiusa da Trump) aveva finanziato a 6.000 giornalisti e 700 testate in tutto il mondo inclusa la quasi totalità dei media ucraini, per spargere a piene mani la propaganda della causa ucraina, sembra aver gonfiato le spese per chiedere un rimborso più alto a Zelensky per i costi della causa ucraina ricaduti sulle spalle del contribuente americano.

“Ho detto loro che voglio l’equivalente di 500 miliardi di dollari di terre rare, e hanno sostanzialmente accettato di farlo”, ha dichiarato Trump in una intervista a Fox News. “Ho detto loro che dobbiamo ottenere qualcosa. Non possiamo continuare a pagare questi soldi”, ha aggiunto.

Certo Zelensky non è oggi nelle condizioni di negoziare nulla con Washington, tenuto anche conto che l’Europa non è in grado di sostenere da sola l’Ucraina. Forse anche per questo Trump non ha esitato a umiliare (cosa che gli riesce bene con tutti, dall’America Latina all’Europa) dichiarando l’11 febbraio nell’intervista a Fox News che “l’Ucraina deve garantire la sicurezza degli investimenti degli Stati Uniti in quanto il paese potrebbe diventare un giorno territorio russo. Hanno terreni di enorme valore in termini di terre rare, in termini di petrolio e gas, in termini di altre cose. Voglio che i nostri soldi siano protetti, perché stiamo spendendo centinaia di miliardi di dollari. E sapete, potrebbero fare un accordo, potrebbero non farlo. Potrebbero essere russi un giorno, o potrebbero non essere russi un giorno”, ha affermato.

Il messaggio appare chiaro per tutti: poiché le trattative per far cessare il conflitto le faranno Stati Uniti e Russia cioè Trump e Putin), agli ucraini conviene cedere le risorse minerarie rilevanti (e che ancora non sono caduti in mani russe) agli americani, anche se barano sui rimborsi dovuti, onde evitare che Trump conceda più territori ucraini ai russi.

Del resto il tempo stringe e l’inviato della Casa Bianca, il generale Keith Kellog, ha reso noto il 10 febbraio che presenterà al più presto una bozza di accordo dopo essersi consultato con gli alleati europei, a dire il vero un po’ allarmati e molto innervositi per essere stati ignorati sugli sviluppi negoziali del conflitto e minacciati sul piano economico con i dazi annunciati da Trump.

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Il braccio di ferro quindi sembra essere più tra gli USA e i suoi alleati europei ed ucraini che tra Occidente e Russia e infatti il 10 febbraio Mosca ha fatto sapere di ricevere “vari segnali” da Washington sul conflitto in Ucraina, ma non ha ancora visto un cambiamento nella politica statunitense.

I segnali, con tutta la loro importanza, possono essere qualsiasi cosa” – ha detto il vice ministro degli Esteri russo Sergei Ryabkov – ma in pratica non vediamo un cambiamento nel corso che Washington ha seguito di recente. Gli aiuti a Kiev continuano e i tentativi di presentare la questione in modo tale che Mosca debba fare concessioni e compromessi se è interessata a qualche tipo di accordo, non si stanno affatto indebolendo”. Nel frattempo, ha ricordato Ryabkov, la posizione russa resta “molto chiara ed è stata espressa direttamente dal presidente russo“.

Donald Trump aveva detto la scorsa settimana di aver parlato al telefono con Putin per cercare di negoziare la fine della guerra in Ucraina. “Probabilmente incontrerò il Presidente Zelensky la prossima settimana e probabilmente parlerò con Vladimir Putin“, aveva anticipato il 7 febbraio Trump a margine dell’incontro con il premier giapponese, Shigeru Ishiba.

L’incontro, ha aggiunto, “potrebbe svolgersi a Washington, non andrò là (a Kiev, ndr). Una delle cose che stiamo perseguendo con Volodymir Zelensky è di garantire i loro asset, hanno tutti questi asset sotto terra, terre rare e altro ma principalmente terre rare. E chiediamo anche al Presidente Zelensky la sicurezza di tutto il denaro che inviamo”, ha aggiunto.

Trump aveva precisato di voler lasciare alla NATO la responsabilità della sicurezza dell’Ucraina aggiungendo che “i contribuenti statunitensi hanno pagato 300 miliardi di dollari all’Ucraina”. Cifra di cui “Biden non ha mai negoziato il rimborso” e che ora Trump vorrebbe venisse restituita agli Stati Uniti in termini di sfruttamento delle risorse minerarie ucraine, in particolare terre rare, oggi ancor più necessarie per gli USA dopo che la Cina e la Russia ne hanno ridotto ai minimi l’esportazione.

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Il 3 febbraio Pechino ha infatti annunciato controlli sulle esportazioni di tungsteno, tellurio, bismuto, indio e molibdeno, indispensabili in diversi settori industriali. La ritorsione costituisce la risposta ai dazi aggiuntivi del 10% imposti dal presidente Trump sui prodotti cinesi. I controlli imposti da Pechino mirano a ritardare il processo di esportazione di questi materiali verso gli Stati Uniti, che non li producono, visto che le aziende che li richiedono dovranno prima chiedere le licenze.

Non sembra quindi casuale che lo stesso giorno dell’annuncio di Pechino il presidente Trump abbia dichiarato di voler negoziare un “accordo” con l’Ucraina affinché offra una “garanzia” sulle sue risorse minerarie in cambio degli aiuti americani. “Stiamo cercando di trovare un accordo con l’Ucraina in base al quale loro porterebbero in garanzia le loro terre rare e altre cose in cambio di ciò che noi diamo loro“, ha affermato Trump parlando con i giornalisti nello Studio Ovale.

In questo contesto non sorprende che gli Stati Uniti si accorgano oggi che l’Ucraina è ricca di risorse minerarie (anche se fonti ucraine ammettono che almeno il 40 per cento dei giacimenti si trovano ora nei territori occupati dai russi) e che Trump punti a recuperare il denaro fornito dagli USA a Kiev.

Secondo il New York Times, una delegazione del governo ucraino aveva incontrato imprenditori Usa a Washington presentando loro possibili accordi con l’inclusione dell’acquisizione delle licenze di sfruttamento di minerali critici. Fonti ucraine citate dal Kiev Times precisano che accordi sulle terre rare con gli alleati sono parte del ‘Piano per la vittoria’ messo a punto da Zelensky per porre fine alla guerra.

Il portavoce del presidente russo Dmitri Peskov ha affermato che “se chiamiamo le cose con il loro nome, questa è una proposta per acquistare aiuti e per non continuare a fornirli gratuitamente o in altro modo, ma fornirli su base commerciale“, aggiungendo che la proposta “non mira a contribuire alla fine del conflitto“.

In realtà il clima tra Russia e USA sembra decisamente più disteso dopo la liberazione del cittadino americano Marc Fogel, arrestato in Russia nel 2021 e condannato a 14 anni per possesso di marijuana a uso terapeutico.,

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Se il presidente degli Stati Uniti “è interessato alle terre rare trovate nel sottosuolo ucraino, l’Ucraina è aperta agli investimenti statunitensi. Abbiamo abbastanza terre rare e la Russia occupa i nostri territori dal 2014.  In alcuni posti ci sono davvero grandi depositi di minerali. Siamo aperti al loro sviluppo da parte dei nostri partner” aveva dichiarato Zelensky pur sottolineando che “abbiamo risorse minerarie, ma questo non significa che facciamo regali a qualcuno, compresi i partner strategici. Si tratta di partnership. Metti i tuoi soldi qui, investi, sviluppiamo insieme e guadagniamo insieme. La cosa più importante è che tutto questo non vada a quei ladri, alla Russia e ai suoi alleati”, ha ammonito.

Il presidente ucraino ha però affermato di essere pronto a sedersi al tavolo delle trattative con Vladimir Putin per porre fine alla guerra in un’intervista con il giornalista britannico Piers Morgan, trasmessa su Youtube. “Se questa è l’unica soluzione per portare la pace ai cittadini ucraini…. Non sarò gentile con lui. Lo considero un nemico – ha aggiunto il leader ucraino -. E a dire il vero, credo che anche lui mi consideri un nemico“.

Un’offerta che Putin non accetterà poiché non riconosce legittimità al mandato presidenziale di Zelensky scaduto nel maggio scorso, ma che sembra indicare il tentativo del leader ucraino di giocare delle carte negoziali in autonomia dall’iniziativa di Trump, a tutti gli effetti concentrata sugli interessi di Washington invece che quelli di Kiev.

Anche perché Trump sembra volersi sganciare al più presto dal conflitto ucraino, come dimostrerebbe anche il fatto che il summit di Ramstein di domani sugli aiuti militari all’Ucraina verrà presieduto non più dagli USA ma dalla Gran Bretagna.

Un disimpegno di Washington che preoccupa i baltici, con il ministro della Difesa estone, Hanno Pevkur, che chiede quale sia “il messaggio da parte degli Stati Uniti. Possiamo continuare con questo formato, come abbiamo fatto negli ultimi tre anni?

Perché il quarto anno di guerra inizierà tra un paio di giorni. Voglio comprendere se siamo in grado di capire che questo formato aiuta l’Ucraina ad avvicinarsi alla vittoria. Naturalmente, ci aiuterà a capire, in modo più generale, qual’é l’approccio degli Stati Uniti verso l’Ucraina”.

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Zelensky cerca quindi di restare protagonista e ha espresso in un’intervista al britannico Guardian l’offerta di restituire a Mosca i territori della regione russa di Kursk ancora in mano ucraina (meno di 500 chilometri quadrati dei mille conquistati nell’agosto 2024) in cambio del ritiro russo da altri territori occupati in Ucraina:  “Scambieremo un territorio con un altro“, ha detto Zelensky.

Il portavoce del ministero degli Affari Esteri russo, Maria Zakharova, su Telegram ha però stroncato sul nascere ogni velleità ucraina in tal senso. Zelensky “sta cercando di nascondere la vera portata della catastrofe delle Forze armate ucraine nella regione di Kursk“, mentre Peskov ha definito la proposta impossibile.

“La Russia non ha mai discusso e non discuterà mai di scambiare il suo territorio, le unità militari ucraine attualmente presenti nella regione russa di Kursk saranno espulse da questo territorio, saranno distrutte”.

Un’affermazione suffragata dagli sviluppi della situazione sul campo di battaglia. Se in Donbass i russi continuano ad avanzare e hanno raggiunto la periferia di Pokrovsk, nella regione russa di Kursk anche l’ultimo contrattacco ucraino teso a smorzare l’offensiva russa è riuscito a fermare le truppe di Mosca solo per 24 ore e al prezzo di forti perdite. Come riportava ieri anche il report dell’ISW (nella mappa sotto, in grigio le aree ancora in mano agli ucraini) i russi hanno ripreso ad avanzare ed è difficile ritenere che le forze di Kiev possano contrastarle ancora a lungo.

Non solo gli ucraini, ma pure gli europei sembrano essere poco entusiasti degli affari che Trump vuole fare in Ucraina approfittando della gestione dei negoziati con mosca.

L’ormai ex cancelliere tedesco Olaf Scholz ha criticato la proposta del presidente Usa Donald Trump di subordinare ulteriori aiuti militari all’Ucraina ai diritti di accesso ai minerali rari presenti nel Paese. ”Sarebbe molto egoistico e molto egocentrico utilizzare le risorse del Paese per finanziare il sostegno alla difesa. Si tratta di mettere l’Ucraina in grado di finanziare la propria ricostruzione. Le risorse del Paese dovrebbero quindi essere utilizzate per finanziare tutto ciò che è necessario dopo la guerra. Tuttavia, la fine della guerra non è ancora in vista, ed è per questo che l’Ucraina vuole urgentemente più aiuti militari dall’Occidente”, ha dichiarato Scholz.

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L’Ucraina vanta circa 20.000 depositi minerali di almeno 116 diversi tipi di minerali incluse le terre rare, soprattutto nelle regioni di Donetsk e Luhansk, annesse dalla Russia e quasi del tutto occupate dalle truppe di Mosca (Luhansk integralmente, Donetsk al 70 pe cento).

Il loro valore è stimato in 3,8 trilioni di dollari a Luhansk e 3,2 trilioni a Donetsk mentre la vicina regione di e Dnipropetrovsk (i cui confini distano pochi chilometri dall’avanzata delle truppe russe) ne disporrebbe per 3,5 trilioni. L’esercito russo si sta avvicinando a un grande giacimento di litio nella regione di Donetsk (nei pressi di Pokrovsk), dopo aver assunto il controllo del giacimento di Krouta Balka, nella regione meridionale di Zaporizia.

L’Ucraina è uno dei primi dieci fornitori mondiali di risorse minerarie, coprendo circa il 5 per cento della produzione globale, secondo Ceenergy. Tra le risorse più strategiche dell’Ucraina ci sono titanio, litio, berillio, manganese e uranio, essenziali per vari settori industriali.

In particolare, il Paese detiene milioni di tonnellate di minerale di litio, di cui 12-14 milioni nel solo giacimento di Shevchenkivske. Inoltre, secondo i dati pubblicati dalla società Dentons, l’Ucraina rimane il principale detentore delle maggiori riserve di titanio in Europa, con il 7 per cento delle riserve globali, e continua a essere un fornitore chiave per l’industria aerospaziale e militare.

Kiev è anche il quinto produttore mondiale di gallio, un metallo fondamentale per semiconduttori e LED, e un fornitore cruciale di neon, utilizzato nella produzione di chip negli Stati Uniti. Il Paese detiene inoltre giacimenti di minerali strategici come il berillio, l’uranio, lo zirconio e l’apatite, utilizzati nei settori nucleare e aerospaziale.

L’Ucraina può inoltre vantare il possesso di ampie quantità di rame, piombo, zinco e argento: Kiev fornisce il 43 per cento delle lamiere d’acciaio importate dall’Unione Europea e le sue riserve di minerale di ferro e manganese sono cruciali per la produzione di acciaio verde.

@GianandreaGaian

Immagini: MAGA, ISW, Presidenza Russa, Prtesidenza Ucraina e TASS

 



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