Perché Elon Musk ha iniziato una crociata contro Wikipedia, «l’ultimo baluardo del sapere condiviso»

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Wikipedia è l’illusione illuminista della verità. Non quella assoluta, ma quella relativa, che si raggiunge con sforzi continui di approssimazione, con l’accuratezza, l’onestà intellettuale, con l’apertura mentale. Tutte parole dal sapore antico, sfuggente, ormai fuori moda

Può sembrare una questione minore, nel grande «cambio di regime» al quale stiamo assistendo, per dirla con Anne Applebaum, e non solo negli Stati Uniti. Ma gli attacchi reiterati di Elon Musk a Wikipedia non lo sono affatto perché rappresentano la battaglia simbolica perfetta, l’archetipo della guerra alla realtà che le truppe trumpiane stanno combattendo e, a quanto pare, vincendo.

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Che cos’è Wikipedia? È l’illusione illuminista della verità. Non quella assoluta, che da bravi novecenteschi sappiamo non esistere. Ma quella relativa, che si raggiunge con sforzi continui di approssimazione, con l’accuratezza, l’onestà intellettuale, con l’apertura mentale. Tutte parole dal sapore antico, sfuggente, ormai fuori moda. Wikipedia si definisce «l’enciclopedia libera e collaborativa». E in questi tre termini si compendia buona parte di quello che ci stiamo lasciando alle spalle.




















































Cominciamo dal primo. L’Encyclopédie – o Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers – è stato il punto di arrivo di un poderoso lavoro volto a ottenere un compendio universale del sapere, organizzato da Denis Diderot nel quadro degli ideali dell’illuminismo. Nel discorso preliminare di Jean Le Rond D’Alembert si indicava l’obiettivo: «Esporre, per quanto è possibile, l’ordine e la connessione delle conoscenze umane». E ancora: si volevano spiegare «i principi generali su cui si fonda ogni scienza e arte, liberale o meccanica».

L’Enciclopedia, dieci volumi pubblicati a partire dal 1750, viene vietata a più riprese: dai gesuiti, dal Consiglio di Stato del Regno di Francia, dal partito dei devoti, da Clemente XIII. Dà fastidio, perché viene vista come un attacco all’assolutismo e alla religione.

Che cos’era in fondo l’Enciclopedia, e le molte che sono seguite? Il tentativo di universalizzare il sapere, di dare una struttura condivisa alla conoscenza umana. Non il tentativo assurdo di trovare un’impossibile verità inscalfibile, ma la ricerca infinita, soggetta a errori, deviazioni e mancanze, di uno spazio comune dal quale partire per capirsi.

Wikipedia ne è una variante digitale, con gli altri due addentellati che fanno parte della definizione. «Libera» e «condivisa». La «libertà», diceva Ignazio Silone, è «la possibilità di dubitare, la possibilità di sbagliare, la possibilità di cercare, di esperimentare, di dire no a una qualsiasi autorità, letteraria artistica filosofica religiosa sociale, e anche politica». In questo caso la libertà si può declinare anche come indipendenza: Wikipedia – nata nel 2001, con 55 milioni di voci in 300 lingue – non appartiene a nessun potere politico e nessun grande imprenditore. È gestita da Wikimedia Foundation, un’organizzazione statunitense non a scopo di lucro. È ancora oggi uno dei siti più visitati al mondo.

Ed eccoci a Musk. Nelle scorse settimane ha lanciato una sorta di crociata contro Wikipedia, invitando tutti a interrompere le donazioni e ad affondarla. L’ha definita «l’estensione della propaganda dei media tradizionali» e, al solito, un covo di marxisti. Musk si è lamentato, tra l’altro, dell’aggiornamento (nella versione americana) della voce che lo riguarda, con la vicenda del braccio teso. Che però sul sito è problematizzata: non è stato definito un gesto nazista tout court, ma raccontato come controverso. Certo, non è stato considerato uno spasmo muscolare, né un riflesso dell’autismo, ma un gesto di difficile interpretazione sì.

Musk, del resto, non ha mai saputo circostanziare un’accusa contro Wikipedia. L’attacco è al brand. Il problema non sono gli errori e la linea politica: il problema è il controllo. E l’altro problema, ancora più grande, è quello che rappresenta. Lo scrittore Alexis Madrigal ha definito Wikipedia «l’ultimo baluardo di realtà condivisa». Fedele al motto di Mark Zuckerberg – «move fast e break things» – Musk vuole fare a pezzi quest’ultima roccaforte del passato. Perché, nella logica della verità alternativa, non può più esserci una realtà condivisa. Non ci può più essere un terreno di gioco con regole comuni e l’attacco alle organizzazioni internazionali va visto anche in questa prospettiva. A Musk, e a Trump, interessano una sola regola, una sola verità: la loro. A dispetto del continuo ricorso retorico alla «libertà di parola», il miliardario di Tesla persegue solo quella forma di libertà che coincide con il caos.

Non deve essergli dispiaciuto, in fondo, che la quota dei progressisti che non hanno apprezzato la finta deregulation di X si sia frantumata in mille rivoli, da Bluesky a Mastodon a Threads. Lila Shroff, su The Atlantic, immagina una fine simile anche per Wikipedia, smembrata e clonata. Non si contano gli attacchi che arrivano dalla destra. È stato persino fondato una Wikipedia di destra, Conservapedia, che alla voce Musk scrive cose così: «I democratici sono sempre stati il partito della divisione e dell’odio, fin dalla loro storia come partito del razzismo e della supremazia razziale». Un approccio, come si vede, davvero neutro.

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Del resto, tra i motivi della rabbia di Musk è che, a differenza di TikTok, Wikipedia non se la può comprare. Non è in vendita. Uno dei fondatori, Jimmy Wales, lo ha detto esplicitamente. Musk, per tutta risposta, ha offerto un miliardo di dollari per cambiare il suo nome in «Dickipedia» (allusione all’organo sessuale maschile).

Ma Wikipedia ha ancora senso oggi? E chi la fa? Secondo un sondaggio del 2020 della Wikimedia Foundation, l’87 per cento dei collaboratori del sito sono uomini e più della metà vive in Europa. Negli ultimi anni si sta cercando di correggere questa impostazione, così come si cerca di trovare un equilibrio politico. In Wikipedia non mancano errori e tendenziosità, ma restano due vantaggi, che la rendono ancora unica nel panorama: è lontana da logiche di profitto, e quindi dalla tirannia dell’algoritmo, ed è ancora il risultato di un lavoro collettivo di volontari.

Wikipedia resta un’eccezione al momento impossibile da normalizzare. All’insediamento di Donald Trump, sedevano sul podio gli amministratori delegati delle aziende che gestiscono sei tra i siti web più popolari al mondo. Mancavano però i rappresentanti del secondo più popolare: Wikipedia.

Non è chiaro se gli sforzi di Musk di delegittimarla e di definanziarla avranno successo. Ma forse è tutto tempo sprecato. Perché il nemico più grande di Wikipedia non è il miliardario di X, ma l’intelligenza artificiale. Prossimamente non cercheremo più Elon Musk e Taylor Swift su Google o su Wikipedia. Lo chiederemo a ChatGpt e ai suoi fratelli. L’enciclopedia è già stata minata dall’intelligenza artificiale. Centinaia di voci sono già scritte usando quell’algoritmo automatico. Ed è solo l’inizio.

In un’intervista a Wired del dicembre 2023, Jimmy Wales, spiega: «Al momento l’intelligenza artificiale non è in grado di gestire la struttura ad albero di Wikipedia: non ci si avvicina nemmeno. Inventa cose, persino le fonti. È abbastanza terribile. Ma pensiamo che in futuro possa essere utilizzata per esaminare la struttura ad albero delle diverse voci, per esaminare le fonti e cercare contraddizioni o informazioni mancanti. O, ancora, per dare suggerimenti alla comunità. Il nostro team di apprendimento automatico sta lavorando su molte idee diverse».

È passato poco più di un anno da queste parole, ma sembra un secolo. Wales ha sicuramente colto l’impatto devastante che potrà avere l’AI sulla sua creatura. E sa benissimo che, salvo colpi di scena, Wikipedia, a breve, rischia di diventare un fossile, ricordo di quando l’umanità provava a collaborare per costruire un patrimonio comune di conoscenze. 

Questo articolo è stato pubblicato originariamente nella newsletter «Il Punto — La Rassegna» del Corriere della Sera. Per riceverla potete iscrivervi qui

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