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“E pluribus unum” (da Moretum, poema attribuito a Virgilio)
In Italia l’offerta sportiva “televisiva” mai come oggi è stata tanta e tanto frammentata: da una parte il colosso Sky, che una volta “persa” la Serie A ha fatto incetta dei diritti delle discipline extracalcistiche (tantissime); dall’altra DAZN, forte del campionato nostrano (ma con un’offerta complessiva inferiore ai concorrenti); Discovery WB, con il marchio Eurosport integrato nel servizio Discovery+ che presenta diverse discipline nel proprio carnet di diritti (piatti forti le Olimpiadi e ciclismo/sport invernali).
Poi c’è l’offerta in chiaro.
Quanto alle cosiddette “private” rimane poco altro di rilievo se teniamo conto della Coppa Italia di calcio su Mediaset o della rinnovata (buona) offerta di Supertennis TV dopo l’accordo con Sky (invero trasmetterà anche la Davis in esclusiva…).
Con riferimento invece alla RAI, questa puoi giovarsi di alcuni grandi pezzi forti (ciclismo, sci, atletica su tutti), nonché di molti di quegli eventi sportivi da trasmettere obbligatoriamente secondo il noto e vetusto elenco predisposto dall’AGCOM nel 2012 (ora ad una svolta: per tutte le disquisizioni tecniche sul punto vi rimando al sito e ai social di #sportinmedia dove trovate ampie discussioni in merito con le esaustive spiegazioni dell’amico Wenner Gatta).
Va detto peraltro come la stessa RAI si sia ultimamente riproposta di rivitalizzare in particolare il pomeriggio domenicale del secondo canale pubblico, dove stanno trovando eccellenti spazi tanto il basket, che la pallavolo, valorizzando anche le categorie “minori” (notizia dell’ultima ora è che proporrà anche il 6 Nazioni di rugby dopo un accordo con Sky!). Per la verità la RAI trasmette anche molto altro, spesso tramite il canale 58 oppure, mestamente, nei meandri di RaiPlay.
C’è poi un’ultima alternativa free, che deve dimostrare ancora le proprie potenzialità: mi riferisco alla proposizione delle gare in diretta gratuita sui social. È la strada che ha da poco annunciato di voler percorrere la Lega Serie A di pallavolo femminile dal 2026, con l’obiettivo di intercettare nuovo pubblico e ricavi inediti. Staremo a vedere.
È chiaro che la frammentazione dipende in gran parte dal costo – importante – dei diritti e dall’impossibilità per ciascun “player” di accentrare tutta l’offerta ma, diciamoci la verità, ormai per avere una panoramica completa dell’offerta sportiva per “telepcsportdipendenti” (cit.) bisogna imparare a destreggiarsi tra vari servizi, più o meno affidabili, più o meno completi, più (soprattutto) o meno costosi.
Sì, perché al di là della scocciatura procurata dal dover saltellare tra un’applicazione e l’altra, la nota dolente sta nel fatto che, a fine mese, il prezzo si fa salato. L’avvento delle “nuove tecnologie” (leggi streaming) era stato visto, almeno dalle nostre parti, come un modo per creare concorrenza mediante l’introduzione di nuovi “players” (DAZN, Discovery, “fu” Eleven…), più economici e agili, anche per venire incontro al pubblico delle “nuove generazioni”.
Bisogna riconoscerlo, un’evoluzione c’è sicuramente stata (la “portabilità” della visione sportiva, la fruizione di archivi online e la possibilità di recuperare gli eventi on demand), ma si è trattato di una rivoluzione a metà, che ancor oggi fatica a distaccarsi dai media tradizionali (tv/satellite) e che, dopo un iniziale ribasso dei prezzi, ha visto ora un esponenziale aumento dei costi per l’utente medio.
Aggiungiamoci poi che un’offerta sportiva “pura”, tolta la sola DAZN, non c’è, perché negli altri casi per accedere al pacchetto sportivo è necessario comunque abbonarsi anche ad altri pacchetti (cinema, intrattenimento, ecc): tuttavia anche la strada intrapresa da DAZN stessa sembra non essere così vincente, tanto che i dati di ascolto e il numero di abbonati fanno destare più di un dubbio sulla tenuta di questo modello di business, nel lungo ma anche nel breve termine.
E ancora: non si vive di solo sport!
Infatti, se volessimo guardare con una visione ancora più ampia l’intero settore del solo streaming, ci troveremo di fronte ad una quantità ormai indefinita di servizi (Netflix, Amazon, Paramount+, Disney+, Rakuten, AppleTV, Youtube, Now e via discorrendo): abbonarsi a tutti rappresenta un salasso per il consumatore medio.
È inoltre recente la notizia che entro il 2026 (quando scadranno alcune esclusive HBO con Sky, con la quale c’è comunque già un accordo), arriverà in Italia anche la piattaforma MAX, che conterrà l’intrattenimento di Discovery/WB, compresa HBO, e i più grandi eventi sportivi internazionali di Eurosport.
Si salvi chi può.
Di fatto, quanto meno nel nostro paese, non ci saranno sostanzialmente novità nel prossimo futuro (salvo clamorose sorprese) e il modello di business legato alla trasmissione degli eventi sportivi non sembra subirà delle modifiche.
Negli USA però “qualcuno” ha provato una via alternativa.
IL CASO VENU SPORTS: servizio morto prima di partire
Al di là dell’oceano la situazione non è migliore. Sappiamo che negli Stati Uniti il media per eccellenza è la tv via cavo, l’equivalente del nostro “satellite” per l’offerta pay, soprattutto quella sportiva.
Ebbene, in un confronto Europa/America, “se Atene piange, Sparta non ride”.
Lo streaming sportivo USA è diventato sempre più frammentato come da noi, poiché alcune leghe scelgono di continuare a trasmettere le partite sulle tradizionali reti via cavo, anche per questioni di visibilità, mentre altre hanno invece deciso di stringere accordi con i servizi di streaming, quando non si siano dotate di piattaforme proprie (NBA League Pass, ecc).
Nel frattempo, Amazon Prime Video ha fatto con un accordo l’NFL per lo streaming in diretta delle partite del Thursday Night (come avviene da noi per il mercoledì di Champions) e Apple TV Plus offre un abbonamento stagionale alla Major League Soccer. L’NBA, in forza del nuovo contratto peri diritti TV, sarà divisa tra ESPN, NBC e Amazon Prime Video.
Insomma anche là, per l’appassionato si è fatta dura.
Restano fuori CBS e NBC: Olimpiadi, NFL (in parte) e March Madness del College Basket (che in USA è seguito quanto e più dell’NBA!).
Ha fatto però notizia, negli ultimi giorni, il naufragio di un accordo che, se finalizzato, avrebbe portato ad una rivoluzione nell’offerta sportiva statunitense.
Tre fra i più grandi colossi dell’entertainment a stelle e strisce, Discovery/WB, Disney (col marchio ESPN) e Fox, avevano infatti deciso di unire le forze, creando una piattaforma condivisa dove riunire le offerte sportive di ciascuno, denominata Venu Sports.
Prometteva un prezzo super concorrenziale di $ 43.00/mese al lancio a fronte di un’offerta pazzesca tra NFL, NBA, MLB, NHL, WNBA, NASCAR e sport universitari, oltre a golf, tennis e calcio (compresa la Coppa del Mondo).
Era stata creata una apposita società partecipata per un terzo ciascuno da ogni soggetto e, al contempo, erano iniziati i lavori per la creazione di un’app standalone.
“Il lancio di questo nuovo servizio sportivo in streaming è un momento significativo per Disney ed ESPN, una grande vittoria per gli appassionati di sport e un importante passo avanti per il business dei media“, aveva affermato in una nota il CEO di Disney, Bob Iger. “Negli ultimi dieci anni, il pacchetto via cavo ha perso circa 30 milioni di clienti. Le società di media hanno risposto lanciando servizi di streaming per cercare di riconquistare alcuni di quei clienti, anche se si trattava per lo più di iniziative in perdita di denaro. Dei 125 milioni di famiglie americane, circa 60 milioni non dispongono di TV via cavo o a pagamento. Sono loro il pubblico target del nuovo prodotto”.
Un abbonamento a questo servizio sportivo all-in-one avrebbe consentito potenzialmente agli spettatori focalizzati sullo sport di abbandonare (finalmente) i pacchetti via cavo e satellitari, contorti e troppo costosi, quasi sempre “diluiti” con canali e contenuti che non interessano a nessuno.
Sarebbe stata una strada alternativa, certamente avrebbe rappresentato un curioso esperimento da tenere sott’occhio.
Però non se ne farà nulla, perché i tre grandi colossi promotori del progetto hanno dovuto gettare la spugna prima dell’inaugurazione, essendoci il – fondato – pericolo che un’operazione di questo genere avrebbe creato serissime problematiche dal punto di vista della concorrenza, con la prospettiva di dover affrontare numerose cause giudiziarie legate all’antitrust con i loro vari competitors.
Peraltro anche alle nostre latitudini un progetto della stessa portata sarebbe foriero di perplessità sempre in tema di concorrenza, gli stessi dubbi che, anni fa, avevano portato a “contenere” anche a livello normativo l’operatività di Sky proprio per evitare una sorta di monopolio.
E quindi? Di fatto siamo al punto di partenza e non sembra che il telepcsportdipendente (cit.) possa sperare di modificare le proprie abitudini nel futuro prossimo, con esborsi legati agli abbonamenti destinati a salire e diritti sportivi sparpagliati tra i vari servizi.
E allora la domanda può sorgere spontanea: cosa potrebbe sconvolgere questo equilibrio?
Matteo Zaccaria | Coltiva la passione per tutti gli sport (tranne il cricket, che rimane un mistero), ma non ne pratica neanche uno (!). Avvocato vicentino, ma non “magna gati”. Appassionato del racconto sportivo in tutte le sue forme. Ritiene che se ti svegli nel cuore della notte per guardare una finale NBA, o hai una passione, o un problema, oppure entrambe le cose!
“Mi piace guardare lo sport in Tv. Contrariamente ai film non sai mai come va a finire” (Michael Douglas).
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