Relazione sulla giustizia, Nordio attacca i pm: “Inventano inchieste che finiscono nel nulla, hanno potere immenso senza responsabilità”

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“Pensiamo a quante inchieste sono state inventate nel vero senso della parola, si sono chiuse con sentenze di assoluzione perché il fatto non sussiste e sono costate milioni e milioni di euro di intercettazioni, ore di lavoro perdute e altro”. Nella sua terza relazione di inizio anno sull’amministrazione della giustizia, il ministro Carlo Nordio devia dalla bozza del discorso in Senato per attaccare ancora una volta i suoi ex colleghi pubblici ministeri. Lo fa con un riferimento abbastanza esplicito alla vicenda giudiziaria di Matteo Salvini, il leader della Lega recentemente assolto con formula piena dall’accusa di sequestro di persona per il caso Open Arms: commentando quella decisione, il Guardasigilli si era spinto a dire che il processo “non sarebbe dovuto neanche iniziare“, e il giorno dopo aveva lanciato l’idea di una legge per “risarcire” gli indagati poi assolti. Ora il nuovo affondo davanti al Parlamento, con la scusa di rispondere a chi afferma che con la separazione delle carriere il pm diventerà un “superpoliziotto“: “Nel sistema attuale esso lo è già, con l’aggravante che godendo delle stesse garanzie del giudice esercita un potere immenso senza alcuna reale responsabilità“, sostiene Nordio. “Non solo dirige le indagini, ma addirittura le crea, attraverso la cosiddetta clonazione dei fascicoli, svincolata da qualsiasi parametro e da qualsiasi controllo, che può sottoporre una persona a indagini occulte, eterne e che creano dei disastri anche finanziari irreparabili”.

Sempre a proposito del ddl costituzionale appena passato in prima lettura alla Camera, il ministro promette che l’iter di approvazione sarà completato “entro l’estate“: “La riforma è garantita dalla condivisione delle forze politiche di maggioranza che con unità di intenti hanno sottoscritto questo testo e lo sosterranno con la medesima determinazione nel corso di quest’anno. Siamo lieti che anche una parte dell’opposizione, sia pure con varie motivazioni e riserve, abbia dato la sua adesione”, aggiunge, in riferimento ai voti favorevoli di Azione e +Europa (Italia viva si è astenuta). Nelle repliche, invece, torna sull’ipotesi di uno “scudo penale” per proteggere le forze dell’ordine dalle indagini nei loro confronti per eccesso di difesa. E ripete il ragionamento un po’ contorto già esposto la scorsa settimana (video): “Abbiamo posto il problema che sarebbe essenzialmente di procedura penale perché l’istituto del registro degli indagati e dell’informazione di garanzia è fallito e si è trasformato in una storta di marchio di infamia. Stiamo cercando una soluzione che riguardi non solo le forze dell’ordine ma un po’ tutti: che possa distinguere il momento in cui una persona ha il diritto, se ritiene di averlo e se ne ha interesse, di difendersi senza per questo essere iscritto nel registro degli indagati”.

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Nella relazione il ministro ha affrontato anche il tema dell’esordio disastroso del processo penale telematico, con 87 Tribunali in tutta Italia costretti a sospendere l’obbligo di deposito informatico degli atti – entrato in vigore dal 1° gennaio – a causa dell’inadeguatezza tecnica di “App“, il software sviluppato dal ministero. “Queste novità tecnologiche hanno creato criticità, ma siamo certi che entro la fine dell’anno saranno superate e rientreremo nei vincoli del Pnrr”, dice Nordio. Ma non rinuncia a suggerire la malafede dei presidenti degli uffici che hanno sospeso l’utilizzo di App per “malfunzionamenti”, usando un potere loro attribuito dalla legge: “Osservo in primo luogo che è stata ricondotta al concetto di malfunzionamento – ipotesi che è effettivamente contemplata dalle norme recentemente entrate in vigore – una casistica di problematiche in realtà di varia natura e diversa origine, non solo squisitamente tecnica”, dice. Ed esprime un auspicio simile a un avvertimento: “Confido che, grazie alla fattiva e leale collaborazione tra il ministero della Giustizia e gli uffici giudiziari – pragmaticamente orientata alla soluzione dei problemi e scevra da pregiudizi culturali o vischiosità amministrative – si potrà registrare presto il completo venir meno delle ragioni che hanno comportato l’adozione dei provvedimenti di sospensione dell’obbligatorietà del processo penale telematico”.

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