A margine del suo viaggio in Arabia Saudita, la premier ha parlato di alcuni temi caldi italiani. Su Almasri ha detto che è stato “liberato non per scelta del governo, ma su disposizione della magistratura”. La replica l’Associazione nazionale magistrati: “Il ministro della Giustizia avrebbe potuto e dovuto, per rispetto degli obblighi internazionali, chiederne la custodia cautelare”
I casi Mps, Santanchè e Almasri agitano il governo Meloni. La premier ha parlato di questi temi anche a margine del suo viaggio in Arabia Saudita, dove oggi firmerà una dichiarazione congiunta con il principe Mohamed bin Salman per avviare un partenariato strategico. “L’operazione di Mps su Mediobanca è un’operazione di mercato”, ha puntualizzato Meloni, e motivo di “orgoglio” per l’avvenuto risanamento che ora la candida al centro di un potenziale “terzo polo”. Sulla ministra Daniela Santanchè: “Nessun braccio di ferro, la incontrerò, ma non è una priorità”. Su Almasri: “Daremo chiarimenti, ma chiederemo anche alla Cpi perché ci ha messo mesi a spiccare questo mandato di arresto”. La premier ha anche sottolineato che l’uomo è stato “liberato non per scelta del governo, ma su disposizione della magistratura”. E su questo è arrivata la replica dell’Associazione nazionale magistrati, mentre dal dispositivo della pre-trial Chamber della Corte penale internazionale – che lo scorso 18 gennaio ha notificato il mandato di arresto per il generale libico – emerge che nel carcere di Mittiga (Tripoli) da lui diretto dal febbraio 2015 sono stati uccisi almeno 34 detenuti e 22 persone, compreso un bimbo di 5 anni, hanno subito violenze sessuali dalle guardie. Almasri, secondo i giudici dell’Aja, “ha picchiato, torturato, sparato, aggredito sessualmente e ucciso personalmente detenuti, nonché ha ordinato alle guardie di picchiarli e torturarli”.
Interrogatori brutali e torture
I crimini di guerra e contro l’umanità sono stati commessi da membri della Rada, le Forze speciali di deterrenza, una milizia nata per combattere le forze di Gheddafi e che nel 2012 ha iniziato a costruire un centro di detenzione presso la base di Mittiga – dove c’è anche l’aeroporto – che è diventato la più grande prigione della Libia occidentale: almeno 5.140 persone sono state incarcerate tra febbraio 2015 e marzo 2024, rileva la Corte. Mentre alcuni sono stati detenuti su basi legali, le informazioni in possesso dei giudici mostrano che molti sono stati imprigionati per motivi religiosi (erano cristiani o atei), per il sospetto di ‘comportamento immorale’ o per essere omosessuali; per essere affiliati all’esercito di Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica. Gli uomini della Rada hanno sottoposto i detenuti a “interrogazioni brutali e torture”. La violenza è stata esercitata a colpi di bastoni, pugni, colpi d’arma da fuoco, elettrocuzione, confino in cubi di metallo. Le informazioni disponibili indicano che almeno sei detenuti sono stati stuprati a Mittiga. Secondo il materiale a disposizione della Camera, almeno quattro detenuti sono morti a causa di colpi di arma da fuoco; almeno 12 sono a causa di comportamenti equiparabili a tortura o altri maltrattamenti gravi; circa 16 a seguito della mancanza di cure mediche adeguate; almeno due perché costretti a dormire nel cortile della prigione nonostante la temperatura gelida. Almeno 36 persone sono state ridotte a schiavitù, incluso un bambino di 9 anni.
Il ruolo di Almasri
In alcune occasioni Almasri era presente mentre le guardie picchiavano i detenuti o sparavano contro di loro. Secondo quanto riferito, avrebbe ordinato alle guardie di picchiare i detenuti in modo da garantire che le ferite non fossero visibili. Inoltre, si dice che abbia punito le guardie che stavano aiutando detenuti a contattare le loro famiglie. Sulla base del materiale fornito dall’accusa, la maggioranza dei giudici “trova ragionevoli motivi per ritenere che il signor Njeem abbia compiuto, come autore diretto o avendo incaricato altri di farlo, i seguenti atti nei confronti dei detenuti della prigione di Mitiga: percosse e ordine ai detenuti di picchiare altre persone detenute; tortura; sparatoria; aggressione sessuale. Inoltre, gli atti diretti del signor Njeem hanno portato anche alla morte di alcuni detenuti”. L’uomo, aggiungono i giudici, “non solo era consapevole delle problematiche condizioni di detenzione, ma lasciandole in vigore per un periodo prolungato, intendeva necessariamente che le condizioni esistessero e voleva che i detenuti ne venissero danneggiati. O era a conoscenza degli atti criminali commessi contro i detenuti oppure, quando venivano commessi in momenti in cui non era presente, intendeva che gli atti accadessero e sapeva che sarebbero accaduti nel normale corso degli eventi”.
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Meloni: “Chiederemo chiarimenti alla Corte”
“Almasri è stato liberato su disposizione della Corte d’appello di Roma, non del governo – ha detto Meloni –. Quello che il governo fa è espellerlo dal territorio nazionale”. Il generale libico Njeem Osama Almasri “è stato liberato lo scorso 21 gennaio per inerzia del ministro della Giustizia che avrebbe potuto e dovuto, per rispetto degli obblighi internazionali, chiederne la custodia cautelare”, ha replicato l’Associazione nazionale magistrati. Sempre sul tema, Meloni ha aggiunto: “Sul tema dell’aereo segnalo che in tutti i casi di detenuti da rimpatriare ritenuti pericolosi non si usano voli di linea anche per la sicurezza dei passeggeri. È una prassi consolidata e non inventata da questo governo. La Corte chiede dei chiarimenti: manderemo dei chiarimenti come li chiederemo a nostra volta. La Corte deve chiarire perché ci ha messo mesi a spiccare questo mandato di arresto quando Almasri aveva attraversato almeno tre Paesi europei. Chiederò dei chiarimenti alla Corte internazionale e spero che almeno su questo tutte le forze politiche vogliano darci una mano”.
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Il caso Santanchè
Meloni, poi, ha rotto da Gedda il silenzio sul caso Santanchè. Ha parlato di un “ottimo lavoro” sul quale però pesa un rinvio a giudizio che rischia di impattare sul “ruolo da ministro”. Parole che suonano come un invito alla ministra a farsi da parte o quantomeno a ragionare approfonditamente sulla situazione, ribadendo comunque che “un rinvio a giudizio non è per esso stesso motivo di dimissione”. “È una valutazione che va fatta con il ministro Santanchè e che anche, forse, deve fare soprattutto il ministro Santanchè” pesando “quanto questo possa impattare sul suo lavoro di ministro”. “E questo è quello su cui in questo momento non ho le idee chiare”, ha ammesso la presidente prima di salire a bordo dell’Amerigo Vespucci. Frasi che richiamano quelle pronunciate anche dal presidente del Senato Ignazio La Russa, secondo il quale la ministra “sta valutando e lo farà bene”. Nessun “braccio di ferro” o “preoccupazione”, ha ribadito Meloni, ma nei prossimi giorni un incontro ci sarà perché – come ha poi detto all’equipaggio del veliero della Marina Militare – “se ognuno non fa la propria parte al proprio posto non si può navigare, e particolarmente non si può navigare quando il mare è tempestoso”.
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Il caso Mps
Tra i temi caldi c’è anche Mps e l’operazione Mediobanca. “L’operazione di Mps su Mediobanca è un’operazione di mercato. Da una parte dobbiamo essere orgogliosi del fatto che Mps, per anni vista dai cittadini e dalla politica solo come un problema da risolvere, oggi è una banca perfettamente risanata che anzi avvia operazioni ambiziose. Questo deve renderci tutti orgogliosi per il lavoro fatto. Se l’operazione dovesse andare in porto parliamo della nascita del terzo polo bancario che potrà avere un ruolo importante per la messa in sicurezza dei risparmi degli italiani”, ha sottolineato Meloni.
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