di Maurizio Sacchi
La dichiarazione del Presidente degli Stati uniti di voler ritirare il suo Paese dall’Organizzazione mondiale della sanità ha causato una vera tempesta fra le decine di migliaia di operatori della salute impegnati, specie nele aree più povere del Pianeta. In realtà, l’allarme colpisce anche le altre agenzie delle Nazioni unite, come ad esempio l’Alto commissariato per i rifugiati, l’Uhhcr. “Il presidente Trump ha affermato chiaramente che gli Stati Uniti non distribuiranno più denaro alla cieca senza alcun ritorno per il popolo americano”, ha dichiarato un portavoce del Dipartimento di Stato. La decisione del più grande donatore al mondo ha scatenato onde d’urto, con gruppi umanitari che hanno avvertito che la mossa metterà a rischio vite umane. Nel 2023, Washington ha erogato 72 miliardi di dollari in aiuti esteri in quasi 180 paesi. Gli Stati Uniti hanno anche contribuito in finanziamenti volontari negli ultimi anni; nel 2022-2023, ad esempio, hanno fornito un totale di quasi 1,3 miliardi di dollari all’ Oms.
L’ordinanza di Washington afferma anche che le quote associative degli Stati uniti, che nell’ultimo decennio sono variate da 100 a 122 milioni di dollari, le più alte che qualsiasi membro paghi, sono “ingiustamente onerose” e “molto sproporzionate rispetto ai pagamenti stimati di altri Paesi”. in realtà la Cina eroga una cifra simile, e se é vero che la sua popolazione è quattro volte quella degli Usa, il suo prodotto interno lordo é simile. Ma la mossa crea una grande opportunità per Pechino che, se fosse disposta a colmare anche solo una parte del deficit finanziario lasciato dagli Usa, potrebbe rivendicare una nuova posizione come campione indiscusso della salute globale. “Il ruolo dell’OMS dovrebbe essere solo rafforzato, non indebolito”, ha affermato un portavoce del ministero degli Esteri cinese dopo l’ordine esecutivo di Trump. “La Cina, come sempre, sosterrà l’OMS nell’adempimento delle sue responsabilità… e lavorerà per costruire una comunità condivisa di salute per l’umanità”.
Durante una conferenza stampa subito dopo l’ordinanza, un portavoce di Antonio Guterres ha detto che il segretario generale delle Nazioni unite aveva notato il cambiamento di politica “con preoccupazione”. “Chiede che vengano prese in considerazione ulteriori esenzioni per garantire la continua fornitura di attività umanitarie e di sviluppo critiche per le comunità più vulnerabili in tutto il mondo (…)”. In seguito alla sospensione di 90 giorni di tutta l’assistenza estera ordinata dall’amministrazione Trump, l’Onu ha iniziato a ridurre le operazioni di aiuto globale. Filippo Grandi, capo dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, Unhcr, responsabile di fornire assistenza salvavita ai 122 milioni di persone sfollate con la forza dalle loro case in 136 paesi, ha inviato nella notte un’e-mail ai dipendenti ordinando un’immediata riduzione delle spese, compreso un rivio di 90 giorni nell’ordinazione di nuove forniture, fatta eccezione per le emergenze, blocco delle assunzioni e dei contratti e blocco di tutti i viaggi aerei internazionali. Il nuovo segretario di Stato americano, Marco Rubio, ha affermato che il congelamento degli Stati Uniti non influirà sugli aiuti salvavita definiti come «medicine di base, servizi medici, cibo, alloggio, assistenza di sussistenza e forniture», e che si concentrerà su programmi di aiuto che coinvolgono aborto, pianificazione familiare o «ideologia di genere». Tuttavia, l’impatto iniziale del congelamento ha immediatamente tagliato l’assistenza umanitaria su tutta la linea e in tutto il mondo.
L’OMS, nel suo Quattordicesimo Programma generale di lavoro per i prossimi quattro anni, si proponeva di salvare almeno 40 milioni di vite, attraverso azioni concrete tra cui: “aumentare il numero di vaccini consegnati ai paesi prioritari; fornire accesso ai servizi sanitari a oltre 150 milioni di persone in contesti umanitari in 30 paesi; portare l’elettrificazione solare a 10.000 strutture sanitarie; supportare 55 paesi nell’istruzione e nell’impiego di 3,2 milioni di operatori sanitari; aiutare 84 paesi a raggiungere gli obiettivi per l’eliminazione della malaria, della trasmissione dell’HIV da madre a figlio e di altre malattie; rafforzare l’accesso a dati sanitari tempestivi e affidabili; e prequalificare 400 prodotti sanitari all’anno”. Ora, tutto questo é a rischio.
*Foto di Natanael Melchor su Unsplash
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