Marco Rossi Doria, già Sottosegretario all’Istruzione dei governi Monti e Letta fra il 2011 e il 2014, Medaglia d’oro per la cultura nel 2001, è soprattutto un educatore appassionato e innovativo che porta da cinquant’anni in ogni sua esperienza una visione profondamente sociale dei processi formativi, centrata sul ruolo delle comunità locali nel rispondere ai bisogni degli individui più fragili, in particolare dei minori. Ha insegnato nei quartieri più difficili di Roma e Napoli, inventando la figura del Maestro di strada. E dal 2021 è presidente dell’impresa sociale “Con i Bambini”, ente attuatore delle politiche per i minori in condizione di povertà educativa. Partiamo proprio da questo concetto, la povertà educativa, il nostro dialogo con lui.
Quella povertà educativa che adesso sarà più difficile contrastare, visto che il governo, con la recente Legge di Stabilità, ha tagliato i fondi previsti a questo scopo.
Rossi Doria, la scure del governo sui fondi per il contrasto alla povertà educativa rischia di vanificare un lavoro di tessitura sociale che procede dal 2016, quando il Fondo fu istituito. Ma come funziona questo strumento?
Il “Fondo di contrasto alla povertà educativa minorile” è gestito da un comitato di indirizzo strategico che mette insieme il governo, l’Acri (Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio, ndr) che riunisce le banche e il Forum del Terzo Settore. L’esecutivo attraverso la manovra di fine anno fornisce le coperture che consentono alle fondazioni bancarie di usufruire di un credito d’imposta attraverso il quale finanziano il Fondo. Fino all’ultimo momento, prima che fosse approvata l’ultima Legge di stabilità, sembrava che tutti e tre i soggetti fossero d’accordo nel dare continuità al fondo.
Ora bisogna capire perché questo non sia avvenuto e soprattutto se questo e altri aspetti rimasti fuori dalla legge si possano demandare ad altre sedi e altri momenti. “Con i Bambini”, come ente attuatore, ovviamente deve attenersi alle decisioni prese da questi tre interlocutori.
Quali danni possono derivare dal mancato rifinanziamento?
La povertà minorile in Italia prende molte forme, ma è un problema strutturale molto serio del paese. Ci sono in Italia 9.400.000 minori di cui 1.400.000 in povertà assoluta e 2.200.000 in povertà relativa. Negli ultimi 15 anni i minori in povertà assoluta sono triplicati, mentre quelli in una situazione di povertà relativa sono raddoppiati. È una parte notevole del nostro futuro che vede lesi i suoi diritti, ma è anche brutalmente un problema economico e di tenuta sociale, perché queste persone cresceranno senza partecipare alla costruzione della comune ricchezza.
Una situazione insostenibile sotto molti punti di vista…
Sì. Alla quale si può rispondere in due modi: o attraverso un welfare statale, che può essere una soluzione ma implica lentezza e burocrazia, oppure usufruendo di un principio previsto nella Costituzione: il principio di sussidiarietà, che permette allo Stato e alle pubbliche amministrazioni di lavorare insieme alle articolazioni che i cittadini si danno per risolvere i problemi comuni.
È la prospettiva in cui si muove il fondo e l’azione di “Con i Bambini”. Questo secondo modello consente una maggiore prossimità con i beneficiari delle azioni e una flessibilità che mette insieme risorse pubbliche e private, in maniera rigorosa perché comunque si rendiconta ogni euro, ma con tempi più rapidi, maggiore efficienza e aderenza ai bisogni. Chi vince un nostro bando riceve la prima parte del finanziamento in poche settimane e viene seguito in tutta la durata del progetto.
Quindi abbiamo un problema sociale cronico e piuttosto serio ma anche una maniera efficiente per affrontarlo. Il rischio è che, senza i fondi, tutto peggiori…
Per quanto riguarda i bandi di “Con i Bambini”, posso affermare che tutti i progetti già finanziati potranno essere portati a termine senza problemi. I soldi in cassa per completare quanto è stato iniziato ci sono e c’è anche un residuo significativo che consente di fare altre iniziative. Il problema è di prospettiva, riguarda non l’oggi ma il domani e soprattutto il dopodomani.
Per dare una visione concreta di cosa accadrebbe se questo processo si interrompesse, potrebbe raccontarci cosa fate con i vostri progetti?
Uno dei nostri progetti si occupa dei bambini figli di vittime di femminicidio. Bambini che hanno perso la madre e spesso anche il padre, suicida o carcerato, e che nel 30% dei casi hanno assistito all’assassinio. Nelle prime ore dopo il delitto raggiungiamo questi bambini e i parenti che li assistono, a loro volta affranti e spaesati. In questo momento abbiamo in carico 260 bambini e ragazzi. Li assistiamo economicamente e giuridicamente, d’accordo con le forze dell’ordine e con il giudice dei minori. Costruiamo man mano una terapia di aiuto, interloquiamo con le scuole e costruiamo un’assistenza a medio e lungo termine.
Quindi è anche una questione di tempi, di velocità di risposta ai problemi?
In una concezione “ottocentesca” dello Stato, un’azione del genere non sarebbe possibile, perché mancherebbe quella flessibilità e rapidità che permette di essere presenti sull’emergenza con squadre multiprofessionali ed efficienti. Altri bandi riguardano, per esempio, i figli di detenuti, i minori stranieri non accompagnati, bambini poveri con disabilità e handicap, adolescenti con gravi situazioni psichiatriche in conseguenza del Covid. Poi ce ne sono altri legati alle varie fasce d’età o a progetti innovativi.
I territori fragili, i ragazzi di Napoli… La cronaca ci mette di fronte a episodi angoscianti, ma rimane spesso in superficie. Lei ha insegnato a lungo nel napoletano ed è stato in molti modi a contatto con la realtà campana e partenopea. Cosa ne pensa? Cosa si può fare?
Le dirò cosa facciamo noi di “Con i Bambini”. A Napoli, a partire dal 2016, abbiamo investito oltre 31 milioni di euro, finanziando 36 partenariati e 353 enti, creando un telaio, un’infrastruttura socio-educativa che ci consente di raggiungere migliaia di ragazzi. E che crea comunità educanti, grazie sia alle caratteristiche di prossimità e flessibilità, sia a una progettazione e gestione rigorosa.
I ragazzi imparano a lavorare insieme, si danno un’organizzazione e un lessico, entrano in contatto anche con realtà di altre parti d’Italia.
Un sasso nello stagno, con molti effetti…
Certo, si è creata una rete di competenze e relazioni che è la vera risorsa per sconfiggere quel problema strutturale di cui parlavo, vista peraltro come una buona pratica dal resto d’Europa.
Sarebbe veramente autolesionistico se l’Italia, dopo averla promossa, vi rinunciasse.
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