Un suolo sano, chimicamente e biologicamente fertile, è essenziale per garantire la sicurezza ambientale e la produttività delle piante. Negli ultimi anni, nei paesi dell’Unione Europea (UE), è stata promossa la diffusione dell’agricoltura biologica per favorire il rispetto dell’ambiente e della salute del suolo (Unione Europea, 2018). Più recentemente, l’Unione Europea ha fissato l’obiettivo ambizioso di rendere tutti gli ecosistemi suolo dell’UE sani e più resilienti entro il 2050 (Commissione Europea, 2023, Commissione Europea, 2021). Per raggiungere questi obiettivi, oltre all’agricoltura biologica che consiste nella produzione agricola senza l’uso di pesticidi e fertilizzanti di sintesi e con gestione della biodiversità e della fertilità grazie a coperture vegetali e all’applicazione di ammendanti organici si può attuare una gestione conservativa del suolo anche in sistemi integrati. In una ricerca pubblicata su “Applied soil science” di gennaio 2025 Arianna De Bernardi, Cristiano Casucci, Enrica Marini, Francesca Tagliabue, Überson Boaretto Rossa, Gianluca Brunetti, Oriana Silvestroni, Costantino Vischetti del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università Politecnica delle Marche in collaborazione con altre due Università internazionali in Brasile e Australia è stata studiata l’agricoltura conservativa applicata ai vigneti nelle Marche, in particolare a Maiolati Spontini. L’agricoltura conservativa è un sistema di tecniche che promuove l’uso della lavorazione zero o minima (senza rimescolare gli strati del profilo) e della copertura permanente dei campi per migliorare la qualità del suolo e consentire una produzione agricola sostenibile senza compromettere la salute o la resilienza del suolo. È conosciuto da tempo che l’aratura e le altre lavorazioni del suolo, come anche l’eccessivo uso di prodotti agrochimici sintetici, possono ridurre la qualità dei suoli agricoli e in particolare dei vigneti, e influenzare negativamente il contenuto e la composizione della sostanza organica, nonché la crescita e l’attività della biomassa microbica del suolo. In effetti, l’agricoltura conservativa è stata raramente applicata alla viticoltura nell’Italia centrale a causa di alcune lacune nella ricerca che riflettono in qualche modo anche programmi e attività di divulgazione inefficaci a ridurre l’uso delle lavorazioni. Per questo è stato importante il lavoro di ricerca proposto su due strategie di gestione conservativa del vigneto nelle Marche per analizzare gli effetti sulla salute e sulla fertilità del suolo. La gestione conservativa nell’interfilare, ripetuta per 4 anni consecutivi, prevedeva in un settore la coltura annuale di copertura con una leguminosa, il trifoglio alessandrino, e nell’altra un prato permanente con specie spontanee. Gli interfilari gestiti con le due diverse strategie conservative sono stati confrontati con un adiacente terreno incolto da 20 anni (terreno controllo). L’impatto delle due tecniche conservative sulle diverse forme di carbonio organico del suolo e sull’attività microbica è stato misurato a due profondità (0–20 cm e 20–40 cm). L’obiettivo specifico è stato quello di valutare se si può stabilizzare lo stock di carbonio organico del suolo e aumentare la crescita e l’attività della biomassa microbica, tutti parametri generalmente associati a una maggiore fertilità del suolo. I risultati dimostrano che il prato permanente aumenta il contenuto di carbonio organico in confronto alla copertura annuale con trifoglio, ma va sottolineato che entrambe le gestioni conservative inducono un contenuto di carbonio organico superiore a quello del suolo di controllo. Mentre la gestione con il trifoglio induce una forma più stabile del carbonio organico e biomassa microbica e respirazione del suolo significativamente più elevate rispetto al prato permanente. Quindi la gestione conservativa del suolo nell’interfilare del vigneto presenta piccole variazioni nell’accumulo del carbonio a seconda della tipologia di copertura adottata, ed induce effetti positivi sulla crescita e sull’attività della biomassa microbica del suolo e sui cicli del carbonio e dell’azoto. In conclusione, le diverse pratiche di gestione conservativa del vigneto presentano effetti positivi sulla fertilità biologica del suolo già dopo 4 anni nelle Marche e sono quindi da estendere nei vigneti per aumentare la qualità complessiva del suolo, fornire servizi ecosistemici essenziali migliorando la qualità ambientale e la produttività agronomica, seguendo opportuni aggiustamenti tecnici nelle diverse aree di produzione.
*Direttore del Dipartimento Scienze agrarie della Univpm
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