Sanremo 2025, sì all’autotune: come funziona e cos’è la tecnologia che fa diventare «intonati» i cantanti

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Non è una novità per il festival della canzone italiana: i regolamenti passati non escludevano l’uso del software. La tecnologia è stata resa popolare anche grazie alla canzone «Believe» di Cher, adesso è una cifra stilistica fondamentale per alcuni generi come la trap

Per la prima volta è stato sdoganato: sì all’autotune al Festival di Sanremo 2025. Ma con parsimonia. 
Una presenza scomoda ma ormai necessaria, quella della tecnologia usata per alterare «dal vivo» la voce dei cantanti. Parola di Carlo Conti, direttore artistico e co-conduttore di questa edizione della kermesse canora: escluderla «sarebbe andare contro la logica della discografia di oggi, di certe sonorità, di certi modi di cantare», aggiungendo che «sarebbe assurdo vietare uno degli strumenti che oggi caratterizzano certi generi musicali». 
La cantante Giorgia ci scherza su (forse): «Ho chiesto di cantare con l’autotune a Sanremo e si sono messi a ridere tutti, pensavano che scherzassi… Tutti, dal fonico al mio team, me lo hanno vietato», ha raccontato in un’intervista al Corriere. «Mi sento discriminata perché sono nata nel secolo precedente». Ma l’autotune, in realtà, è proprio una tecnologia del secolo precedente. E negli ultimi (quasi) trent’anni è diventata uno strumento fondamentale per alcuni generi musicali.

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Quando è nato Autotune

Cominciamo da una precisazione. Si chiama Autotune, con la prima lettera maiuscola. Il motivo è semplice: si tratta di un software brevettato da un’azienda, la Antares Audio Technologies, che adesso la vende su licenza o abbonamento. Certo, oggi esistono diversi software che imitano la stessa tecnologia. Ma l’originale è stato realizzato nel 1996 da un ingegnere elettronico americano.
Andy Hildebrand aveva sviluppato un algoritmo per interpretare i dati dei sonar impiegati per trovare depositi di petrolio. Di giorno ingegnere, nel tempo libero musicista. Un doppio ruolo che gli ha permesso di mettere le sue conoscenze tecniche a servizio della sua passione. La metaforica «mela di Newton» è caduta durante un pranzo con i colleghi, quando aveva chiesto per scherzo cosa fosse necessario inventare. «Una macchina che permetta di cantare in modo intonato», avrebbe risposto uno di loro. E così si è accesa la lampadina.





















































Come funziona il software per rendere intonati i cantanti

La vera rivoluzione nella tecnologia di Hildebrand sta nell’ottimizzazione dei calcoli che il software fa per modificare la voce (o meglio, l’intonazione) del cantante. Da oltre un milione di operazioni compiute dai software già esistenti sul segnale audio, l’ingegnere americano le aveva ridotte a quattro. La diminuzione del carico computazionale, insomma, ha permesso ad Autotune di funzionare in tempo reale, cioè proprio mentre il cantante si esibisce. Questa è la vera rivoluzione del software, che può essere utilizzato sia come strumento di correzione a posteriori, ma soprattutto in contemporanea all’esibizione.
Nella pratica, Autotune analizza la frequenza della voce e la confronta con una scala musicale selezionata. Se una nota è «stonata», cioè esce fuori dai limiti imposti dalla scala musicale prescelta, allora il softwaare la corregge automaticamente, spostandola alla nota corretta più vicina.


Effetto vocale contro correttore di intonazione

Il primo a usarlo è stato Aphex Twin in Funny Little Man, ma a consacrare Autotune è stata Cher con la sua celebre canzone Believe. «It’s so sad that you’re leaving / It takes time to believe it», a riascoltare oggi queste strofe si percepisce subito quell’effetto robotico che distorce la voce e che è realizzato usando Autotune (quasi) al massimo della sua potenza. Insomma, in questo caso non per correggere l’intonazione ma per dare uno stile particolare al cantato. Lo stesso effetto che oggi sentiamo spesso nella musica trap, il genere che ha fatto dell’Autotune una cifra stilistica. Sì, perché questo software può essere utilizzato sia come semplice effetto da applicare alla voce sia come modo per rendere intonati i cantanti che hanno bisogno di un «aiutino» durante le esibizioni.
E di cifra stilistica si parla a Sanremo. Perché durante la stessa conferenza stampa dove Carlo Conti ha «aperto» a questa tecnologia, Claudio Fasulo (responsabile Rai del Festival di Sanremo) ha precisato: «Da regolamento noi prevediamo la possibilità di utilizzare l’Autotune come effetto vocale e non come correttore di intonazione»

La differenza fra un uso e l’altro è sfumata, ma comunque distinguibile a certi livelli. Il parametro più usato, per esempio, è il «Retune speed», cioè la velocità con cui una nota viene dirottata verso quella prescelta. Il valore 0 rappresenta un improvviso cambio di nota, mentre 300 è la velocità minore per farla slittare verso la nota desiderata. Quindi i valori più vicini allo zero daranno la cifra stilistica della voce robotica e quelli più grandi serviranno soprattutto come «correttore di intonazione». E nel mezzo c’è quella grande zona grigia dove non si può stabilire esattamente come viene utilizzato Autotune. 

Uso di Autotune a Sanremo

Insomma, nel 2025 si potrà finalmente usare Autotune a Sanremo? Più o meno. Nei regolamenti del 2024 e del 2023, per esempio, non è stato esplicitamente vietato l’uso di questo o altri software simili. 
Non è facile stabilire con certezza quali cantanti lo abbiano già usato in edizioni passate, ma le parole di Conti e Fasulo durante la conferenza stampa di novembre non parlano esplicitamente di una novità, ma lasciano intendere un dato di fatto: l’Autotune semplicemente non è più un tabù. Non si può dire, insomma, che la 75esima edizione del Festival della canzone italiana abbia ufficialmente aperto ai software per la correzione dell’intonazione. Solo non viene fatto più mistero sul suo uso in gara. Purché non venga usato come modo per mascherare problemi sistematici nel cantare (e azzeccare le note). O almeno, basta non darlo a vedere.

4 febbraio 2025

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