USA-Messico: Washington pronta a trasformare la guerra alla droga in un vero e proprio conflitto di sicurezza nazionale

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Di Giuseppe Gagliano

WASHINGTON D.C.. Il Presidente Usa, Donald Trump ha deciso di giocare la carta più pesante contro i cartelli messicani, designandoli ufficialmente come organizzazioni terroristiche straniere.

Questo potrebbe aprire la strada a un intervento militare diretto degli Stati Uniti in Messico, ma il percorso è disseminato di ostacoli legali, politici e diplomatici.

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La vigilanza della polizia di frontiera tra Usa e Messico

Il Pentagono non ha mai condotto operazioni su larga scala contro i cartelli oltre confine, eppure la Casa Bianca sembra voler trasformare la guerra alla droga in un vero e proprio conflitto  di sicurezza nazionale.

Il segretario alla Difesa Pete Hegseth ha lasciato intendere che tutte le opzioni restano sul tavolo.

Il segretario alla Difesa Pete Hegseth(DoD photo by Chad J. McNeeley)

Se i cartelli rappresentano una minaccia diretta agli Stati Uniti, un intervento militare potrebbe essere giustificato sotto l’Articolo II della Costituzione o il più ampio Articolo 51 delle Nazioni Unite, che permette azioni di autodifesa.

Alcuni analisti vedono nell’uso dei droni e delle operazioni speciali il metodo più probabile per attaccare le reti dei cartelli senza scatenare un conflitto aperto con il governo messicano.

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Il problema è che un’azione del genere avrebbe implicazioni pesanti.

Un raid alla Bin Laden contro i boss della droga in stile Seal Team 6 potrebbe scatenare ritorsioni dei cartelli sul suolo americano, mentre il Messico difficilmente accetterebbe di buon grado incursioni armate sul proprio territorio. La presidente messicana Claudia Sheinbaum ha già avvertito che la sovranità nazionale non è in discussione, cercando al contempo di ottenere rassicurazioni da Washington.

Gli Stati Uniti potrebbero tentare di giustificare l’uso della forza con il War Powers Act, che concede 60 giorni di operazioni militari prima di richiedere l’approvazione del Congresso.

Ma c’è un ostacolo legale: la designazione come FTO non autorizza automaticamente l’uso della forza militare.

Gli unici precedenti simili riguardano operazioni contro l’ISIS e Al-Qaeda, gruppi considerati minacce globali dirette. I cartelli, per quanto violenti e ben armati, non rientrano ancora in quella categoria.

Il Congresso potrebbe varare una nuova AUMF (Authorization for Use of Military Force), ma sarebbe un passo politicamente esplosivo.

Qualcosa di simile era stato proposto già nel 2023 da alcuni membri repubblicani della Camera, ma la misura non è mai stata approvata.

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Senza un chiaro mandato legislativo, Trump potrebbe comunque ricorrere al Titolo 50, lo stesso strumento usato per operazioni segrete in paesi ostili.

Sul piano tattico, un’operazione militare potrebbe includere attacchi con droni Reaper, bombardamenti mirati o persino raid delle Forze Speciali per eliminare figure chiave dei cartelli.

Ma il Messico è un territorio ostile e ben difeso. Alcune fazioni dei cartelli dispongono di droni armati, mezzi blindati artigianali e un livello di organizzazione paramilitare che li rende più simili a milizie che a bande di narcotrafficanti.

Senza il consenso messicano, qualsiasi incursione rischia di trasformarsi in un caso diplomatico esplosivo, con il rischio di mettere le forze statunitensi in rotta di collisione con l’Esercito messicano.

Per ora, il primo segnale di un’accelerazione arriva dai cieli.

Aerei da ricognizione SIGINT sono stati avvistati mentre sorvolano la Baja California, una delle roccaforti dei cartelli.

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L’uso della sorveglianza aerea per mappare obiettivi strategici suggerisce che un’azione più concreta potrebbe essere imminente.

Ma un attacco diretto cambierebbe la natura della guerra alla droga, trasformandola in una guerra aperta tra Stati Uniti e le organizzazioni criminali più potenti del Messico.

Il punto critico resta la reazione messicana. Washington potrebbe offrire sostegno alle unità d’élite messicane, come il 7° Gruppo Forze Speciali, già addestrato a combattere i cartelli.

Ma il Governo di Città del Messico ha già respinto qualsiasi ipotesi di intervento americano.

Il rischio è che, senza un coordinamento chiaro, l’azione si trasformi in un’operazione unilaterale con conseguenze imprevedibili.

Se Trump dovesse procedere, ci sarebbe un precedente storico pericoloso: un intervento diretto degli Stati Uniti in un paese alleato senza il suo consenso. Una decisione del genere potrebbe riscrivere le regole del conflitto contro i cartelli, ma con un costo enorme sul piano geopolitico e della sicurezza interna.

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