La riduzione delle emissioni in atmosfera è una necessità di primaria importanza, in quanto è uno dei principali obiettivi quando si parla di lotta ai cambiamenti climatici. I gas a effetto serra, lesivi per l’atmosfera, sono generati dalla maggior parte delle attività umane, sia in ambito industriale, che commerciale e residenziale. Chiaramente, varia molto l’incidenza dell’impatto, strettamente connesso all’entità dei processi che ne sono fonte.
Le misure in atto per la riduzione delle emissioni sono diverse, tra cui anche forme di incentivi per l’efficientamento e per l’aumento della sostenibilità dei diversi settori umani. Tra le soluzioni, però, ci sono anche specifici meccanismi pensati per le imprese, che si pongono l’obiettivo di favorire da un lato la riduzione degli impatti ambientali, dall’altro di andare incontro alle esigenze specifiche delle attività economiche a cui si applicano. Ne sono un esempio i Crediti d Carbonio.
Il problema delle emissioni in Europa
Quando si parla di gas a effetto serra ed emissioni spesso si parla esclusivamente di anidride carbonica (CO2) in quanto è il principale gas rilasciato nell’atmosfera. Altri gas a effetto serra sono il metano (CH4), il protossido di azoto (N2O) e gli idrofluorocarburi (HFCs).
Per comodità, quando si valutano gli impatti ambientali, in termini di emissioni, si riconducono tutti questi gas ad un’unica unità di misura, che appunto è la tonnellata di CO2 equivalente. In questo modo si esprimono in modo uniforme le emissioni di diversi gas, confrontandole appunto con l’equivalente impatto che avrebbe la CO2, che è il più comune. Ciò non significa che l’anidride carbonica sia la più nociva per l’ambiente. Difatti, secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, l’anidride carbonica rappresenta circa l’80% dei gas emessi in atmosfera, frutto di moltissime attività umane. Da un punto di vista ambientale, però, non è il gas più “pericoloso”, in quanto altri trattengono più calore, come avviene ad esempio nel caso del metano, al secondo posto per quantità emesse (circa 12%).
Per quanto riguarda i settori che generano emissioni, al primo posto si trova la fornitura di energia, che ha causato il 27,4% delle emissioni nel corso del 2022. Seguono i trasporti (23,8%), l’industria (20,3%), le attività residenziali e commerciali (11,9%) e, infine, il settore dell’agricoltura.
Tra i dati più preoccupanti, però, c’è il graduale aumento di emissioni che ha caratterizzato gli scorsi anni e che ha portato alle più recenti decisioni a livello di strategie e normative ambientali. È proprio per contrastare i cambiamenti climatici che è stata approvata la Legge sul clima in Europa, che mira a ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030, per poi raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. In particolare, con l’Accordo di Parigi si è fissato l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale, rientrando al di sotto dei 2°C rispetto all’epoca pre industriale.
Ciò non significa fermare le attività che ne sono fonte, ma riuscire a individuare un equilibrio tra sostenibilità e progetti ambientali in grado di compensare le emissioni e assorbirle.
Che cosa sono i crediti di carbonio
I crediti di carbonio nascono dall’esigenza di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, che ha portato a un coinvolgimento di tutti i Paesi membri dell’Unione Europea. La loro introduzione risale a circa vent’anni fa, quando con la Direttiva 2003/87/CE si introdusse il sistema comunitario Emission Trading System (ETS). I crediti di carbonio sono un meccanismo che prevede lo scambio di quote di emissioni, coinvolgendo sia i soggetti responsabili di emissioni particolarmente significative, che quelli in grado di ridurle ed essere sempre più sostenibili.
In sostanza, si tratta di una sorta di certificato negoziabile e un credito di carbonio corrisponde a una tonnellata di CO2 non emessa o assorbita, grazie all’implementazione di specifici progetti di sostenibilità. Chi acquisisce questi crediti, per i progetti realizzati, può cederli a chi, invece, genera importanti quantità di emissioni. La necessità di scambio deriva dal fatto che la direttiva ha imposto un limite massimo di emissioni e grazie allo scambio di questi crediti di carbonio è possibile ripristinare e mantenere l’equilibrio complessivo.
In altre parole, chi è più virtuoso potrà “vendere la quota risparmiata”, tramite crediti di carbonio, a chi invece emette in modo intenso, proprio a causa della natura dei propri processi. In alcune realtà, infatti, è complesso scendere sotto certi limiti e questa soluzione permette di distribuire secondo mercato i crediti, pur rispettando i limiti complessivi stabiliti. Così facendo, anche le aziende che superano i limiti non rischiano sanzioni, ma devono in ogni caso sostenere una spesa per l’acquisto dei crediti. Allo stesso tempo, le aziende più virtuose possono valorizzare economicamente il proprio impegno per la sostenibilità.
Tipologie di crediti di carbonio e progetti realizzabili
Per generare crediti di carbonio è necessario implementare progetti di sostenibilità mirati all’assorbimento o alla rimozione di carbonio. Chiaramente, dato il meccanismo che contraddistingue questo sistema, i progetti devono essere verificati e certificati, per poi essere inseriti su un registro pubblico dedicato in cui si annulla una tonnellata di CO2 equivalente. Esistono più standard con valenza internazionale, di cui i più noti sono Verified Carbon Standards, Gold Standards, American Carbon Registry e Climate Action Reserve.
Si possono implementare diverse tipologie di progetto, che mirano alla tutela di ecosistemi naturali, ad esempio implementano o ripristinando aree verdi; oppure che sfruttano le nuove tecnologie, in grado di aumentare l’efficienza o incrementare la produzione di energia rinnovabile.
Nella maggior parte dei casi, i progetti che agiscono sull’ambiente sono realizzati in paesi in via di sviluppo, favorendo anche un impatto positivo di natura sociale. Chi acquista crediti di carbonio, quindi, contribuisce economicamente allo sviluppo di questi progetti.
L’acquisto può anche essere volontario, infatti, i crediti di carbonio possono essere scambiati nel mercato obbligatorio, che generalmente coinvolge le grandi aziende ed è connesso a un sistema di scambio (ad esempio ETS), o volontario, che si muove in modo indipendente. È bene prestare, però, particolare attenzione al greenwashing, ossia ad una comunicazione ingannevole, che può utilizzare i crediti acquistati come elemento positivo in strategie di marketing, senza che l’azienda sia realmente impegnata in azioni per migliorare le proprie prestazioni.
Tra le metodologie disponibili per la generazione di crediti di carbonio, Harley&Dikkinson ne ha recentemente sviluppata una, in collaborazione con Ecosostenibile.eu, basata sul calcolo delle emissioni di CO2 evitate, grazie a interventi di efficientamento energetico, che vengono convertite in Carbon Credit.
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