“Fare bene il bene”: Cesvi compie 40 anni

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“Fare bene il bene”. Un motto, una costante linea guida che per Fondazione Cesvi si ripete come un mantra da esattamente 40 anni. Otto lustri passati ad aiutare concretamente le persone nelle zone più difficili del pianeta, colpite da guerre e catastrofi naturali. Dal Centro America all’estremo oriente, dall’Africa alle zone teatro di conflitti recenti come l’Ucraina e Gaza. Solo nell’ultimo anno Cesvi ha gestito 127 progetti in 27 paesi diversi, raggiungendo oltre 1,7 milioni di persone. La storica organizzazione umanitaria laica -fondata nel 1985 a Bergamo su idea di un gruppo di giovani volontari di ritorno da una missione in Guatemala- ha festeggiato l’anniversario tondo il 4 febbraio a Milano nel Mondadori Store di Piazza Duomo. E lo ha fatto ripercorrendo i punti salienti della propria storia attraverso la presentazione del libro “40- I nostri anni di solidarietà”, un’opera del fondatore e attuale presidente onorario Maurizio Carrara. Oltre a Carrara sono intervenuti la presidente di Cesvi, Gloria Zavatta e gli attori nonché sostenitori dell’organizzazione, Alessio Boni e Lella Costa. A moderare l’evento Stefano Arduini, giornalista di Vita. 

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L’incontro è partito proprio nel ricordo del fondatore di Vita, Riccardo Bonacina, storico sostenitore di Cesvi scomparso lo scorso dicembre. «Bonacina è stato tra i primi giornalisti a occuparsi dei problemi dei più deboli. Aveva una grande visione sul tema del volontariato» ha raccontato Carrara. «Quando ha scoperto che eravamo andati in Corea del Nord mi ha chiamato per provare a creare un progetto. E dà lì è nata la campagna “Sos Nord Corea” per aiutare i nordcoreani nella lotta contro la carestia del 1997”. Proprio la Corea del Nord è legata a uno dei traguardi più importanti della Ong bergamasca. Cesvi è stata, infatti, la prima Ong occidentale ad aprire un ufficio a Pyongyang, capitale della Corea del Nord. «Siamo riusciti a ottenere un accordo con i nordcoreani discutendo anche di calcio e della sfida tra le nostre nazionali ai Mondiali del 1966» ha ricordato il fondatore di Cesvi. «Io e Paolo Caroli abbiamo stilato un protocollo di collaborazione umanitaria parlando in bergamasco, per paura di essere spiati. Poi da lì è partita l’intera campagna sviluppata anche grazie all’aiuto di volti noti come Lella Costa». L’attrice e testimonial dell’organizzazione ha riflettuto su cosa significa avere un ruolo simile: «Essere ambasciatrice di Cesvi vuol dire credere che anche nei luoghi più dimenticati ci sia spazio per la speranza. Ogni intervento è un gesto concreto di dignità e futuro». 

 

Costa e gli altri ospiti si sono poi soffermati sul progetto “Fermiamo l’Aids sul nascere”, sviluppato nei primi anni duemila in Africa e nello specifico in Zimbabwe, dove all’epoca dilagava l’Hiv soprattutto tra le giovani donne incinte che a loro volta rischiavano di attaccare la malattia al neonato. Cesvi in quegli anni ha dato il via ad una campagna di sensibilizzazione, cercando di convincere le donne africane a fare gli esami ed eventualmente farsi curare con la Nevirapina, un farmaco appena creato. La storia simbolo è quella di Safina, guarita dall’Aids, e di suo figlio Takunda, primo bambino dello Zimbabwe nato sano nonostante la madre fosse sieropositiva. “Takunda è il simbolo della rivoluzione contro l’Aids che abbiamo portato avanti con Cesvi. Ricordo la grande concretezza messa in campo in quei giorni. -ha proseguito Costa- Non era facile convincere le giovani donne a farsi curare, perché chi aveva quella malattia veniva ostracizzato nella comunità. E quella concretezza è un tratto tipico di Cesvi ancora oggi”.

 

 

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Uno scatto del festeggiamento a Milano



Anche Alessio Boni è stato ed è tuttora molto attivo in Africa, nello specifico in Uganda. «Sono stato recentemente a Palabek, la città ugandese che ospita milioni di profughi provenienti soprattutto dal Sud Sudan, paese devastato dalla guerra. Andare ad aiutare in quei posti è un dovere per chi come me è privilegiato nella vita. Lì ti accolgono e ti sorridono per il sostegno ricevuto. Non sanno che sono un attore, il loro affetto è sincero e non per convenienza». L’attore bergamasco poi è andato avanti: «Io preferisco chi aiuta concretamente sul posto come Cesvi. Ora ad esempio Cesvi è a Gaza, perché c’è bisogno di essere a Gaza. A me non interessano le divisioni politiche, mi interessa aiutare dove serve. Sono stato anche in Ucraina, a Bucha, subito dopo l’inizio del conflitto. Non dimenticherò mai il terrore negli occhi delle donne ucraine. La guerra sembra lontana, ma la gente continua a morire ogni giorno. La guerra c’è sempre, mentre la pace è una fortuna e non un qualcosa di realmente voluto».

 

Nella parte finale dell’evento Carrara ha sottolineato l’importanza che ha sempre avuto la città di Bergamo per Cesvi: «A Bergamo siamo nati, è lì abbiamo svolto la nostra prima missione italiana. Quando la città è stata colpita nel 2020 dall’ondata Covid, ci siamo subito dati da fare per raccogliere fondi. In meno di un mese abbiamo acquistato una enorme quantità di materiale medico per l’ospedale Papa Giovanni XIII. E sempre con Bergamo abbiamo sviluppato il gemellaggio con la città ucraina di Bucha nel 2022». Alla domanda su cosa voglia augurare a Cesvi per i prossimi 40 anni, Carrara ha risposto illustrando un’idea ambiziosa: «In Italia ci sono tante piccole e medie Ong molto brave a operare singolarmente. Ma a differenza di altri paesi del mondo manca la capacità di unirsi e di formare una unica organizzazione in grado di sostenere sfide più impegnative. E noi stiamo già cercando di portare avanti questo progetto».





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