GenAI e real estate: una sfida e un’opportunità

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Il settore immobiliare è in costante ricerca di sostenibilità, rigenerazione e innovazione. Ed è proprio nell’innovazione che l’intelligenza artificiale (AI) ha l’occasione di sbizzarrirsi, simulando l’intelligenza umana e, in alcuni casi, superandola. Per le imprese, la possibilità di incrementare nella propria vision un abile utilizzo dell’IA generativa, reso possibile solamente attraverso ingenti investimenti, sta diventando uno degli obbiettivi principali da qui al 2026, anno in cui l’Ai Act avrà piena attuazione in Europa, permettendo così nei prossimi due anni di conoscere e prepararsi al fine di utilizzare al meglio la GenAi (intelligenza artificiale generativa).

Nello specifico, gli operatori del settore immobiliare si trovano costantemente a confronto con lo studio dei trend di mercato, analizzando le tendenze che riguardano o potrebbero riguardare il mercato nel breve, nel medio e nel lungo periodo. Individuando i bisogni, le influenze economiche, sociali e demografiche dei potenziali clienti, arrivando così a personalizzare ogni richiesta del cliente.

A ora, l’investimento in Intelligenza artificiale da parte di una società immobiliare, partendo dall’agenzia con vetrina sulla strada sino ai grandi investitori del settore real estate è spinto essenzialmente da due motivi: velocizzazione dei processi e abbattimento dei costi. Conta cioè l’innovazione di progetto più che quella di prodotto.

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Matteo Rossetto, co-fondatore e ceo di Revaluto, un portale immobiliare che mira a semplificare la vita sia alle agenzie, sia ai clienti, accelerando il processo di acquisto e rivalutazione grazie all’utilizzo di dati e intelligenza artificiale, ha illustrato a Requadro quali sono i tools basati sull’AI e utilizzati dalle agenzie che si rivolgono al portale in questione: renderizzazione, stima costi di rivalutazione, rating, tempi di ristrutturazione e un’idea di capitolato.

Per quanto riguarda le prospettive future, più avanti si va più i tools che potrebbero essere forniti alle agenzie arriveranno a creare flussi sempre più numerosi e di maggior portata tra professionisti dell’immobiliare e AI, al fine di velocizzare il processo di scelta dell’acquirente, primo fra tutti l’utilizzo dell’intelligenza artificiale come assistente telefonico: l’Ai risponde al cliente che chiama in agenzia, l’algoritmo salva i dati, li trasmette all’agente e viene segnato l’appuntamento in calendario. Ecco che l’intelligenza artificiale arriverebbe a mettere in contatto l’agente con il cliente, svincolando il primo da tutta la parte di calendarizzazione e da tutte quelle fasi che porterebbero via tempo. Il medesimo approccio può essere integrato con assistenti via chat collegatidirettamente dal sito web o canali più comuni come whatsapp.

Queste AI sono ancora in fase di sviluppo e a volte commettono errori nel prendere nota delle informazioni che i clienti comunicano telefonicamente. Occorre quindi riconoscere questo limite e proporre maggiore attenzione, nonché ulteriori investimenti, su queste “callcenter AIs”.

La domanda principale che ha accompagnato Requadro nella preparazione di questo articolo è: “meglio un intelligenza artificiale o l’umana stupidità?”

“Occcore capire qual’è la direzione in cui sta andando la società, viviamo in un mondo in cui tante cose saranno sostituite. Se tutto e tanto verrà automatizzato, gli umani cosa faranno in futuro? In ogni caso, l’AI va vista come qualcosa che ci supporterà, non sostituirà”, dice Rossetto.

Enrico Paludet, di professione notaio con ufficio a Pordenone, ha spiegato a Requadro quali sono le prospettive future che potrebbero riguardare il suo lavoro, sostenendo da subito che, nel suo caso, potrebbe essere una grande opportunità da non lasciar scappare.

Sono molti i fattori positivi che accelererebbero la collaborazione Notaio e AI: l’AI, se preliminarmente istruita, potrebbe coadiuvare al meglio il professionista, poi un aspetto pragmatico, secondo cui l’assistente virtuale non ti lascia, garantendo così una maggiore stabilità nell’organizzazione lavorativa dello studio.

Un fattore chiave dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale è rappresentato altresì dalla possibilità di personalizzare un servizio, lavorando non sul prezzo, ma sulla qualità, dando tempo al cliente in una società in cui l’equilibrio tra lavoro e vita privata è sentito, soprattutto da determinate pratiche che, se affidate ad un assistente virtuale, sburocratizzerebbero il lavoro del professionista.

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Questo, a partire dalla vendita di un immobile, dove l’AI potrebbe compiere analisi rapide e, si spera, senza intoppi: come ausilio in fase di istruttoria e preparazione dell’atto di compravendita, sostituendo i collaboratori nel lavoro di “collazione”, quindi correggendo e verificando correttezza e completezza dell’atto.

Ancora, l’AI potrebbe essere utilizzata per la comunicazione, magari creando avatar virtuali per veicolare contenuti sui social, o sugli schermi non appena si accoglie una persona all’interno dello studio.

Nelle professioni intellettuali, infine, occorre fare distinzione tra due temi: l’imparzialità e la responsabilità per errori. Per quanto riguarda l’imparzialità, che caratterizza per legge la figura del Notaio in quanto figura che sta sopra le parti, come esiste il rischio di un umano di parte (per motivazioni che lo spingono), può esistere anche il tema di un AI di parte (per i codici e la programmazione che le sono stati dati); d’altro canto, quando si parla di attribuire la responsabilità in caso di errore, l’umano risponde e l’AI no.

“Se umana stupidità vuole dire la stupidità di una persona che sbaglia, ma che risponde dei propri errori, che sbaglia ma che si pone in un contesto di esseri imani dove al centro c’è l’uomo, allora è meglio un’umana stupidità”



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