Imprese umbre lente su innovazione: non investono su risorse immateriali

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L’innovazione delle imprese in Umbria cresce nel periodo 2019-2023, con un calo nel 23, ma la regione perde terreno rispetto alla media nazionale, anche se tiene il passo del Centro. I risultati dell’indagine sui bilanci delle imprese di capitale in Umbria e nelle altre regioni del Centro.

Il calo degli investimenti in beni immateriali nel 2023 da parte delle imprese umbre di capitali ha contribuito a rallentare una crescita già insufficiente per colmare il divario con le aree più avanzate del Paese. Nonostante le imprese umbre investano più della media del Centro Italia, il focus resta sui beni materiali, penalizzando produttività e competitività. Il report della Camera di Commercio dell’Umbria, indagando i bilanci delle imprese e quindi dell’economia reale, evidenzia la necessità di accelerare la transizione digitale ed ecologica, coinvolgendo anche le piccole imprese per rendere l’intero tessuto produttivo più solido e innovativo.

L’innovazione delle imprese in Umbria cresce, ma la regione perde ulteriore terreno in termini di innovazione (e quindi di produttività totale dei fattori) perché tale crescita – nel periodo 2019-2023 – è inferiore a quella media nazionale e di molto inferiore a quella di altre regioni come Lombardia e Marche. Il dato umbro è, tuttavia, leggermente superiore a quello del Centro, il che dimostra come, complessivamente, il Centro Italia nel Centro-Nord continui a rappresentare un modello più lento nel treno dell’innovazione. Peraltro, è da notare come l’Umbria, nel 2023, sia l’unica regione del Centro a vedere diminuire gli investimenti immateriali per impresa. O meglio, non è che le imprese umbre in assoluto non investano, anzi lo fanno più della media delle regioni del Centro e poco sotto la media nazionale, ma i loro investimenti sono in beni materiali e molto meno – sempre rispetto al dato nazionale – in quelli immateriali che oggi, nell’era della digitalizzazione spinta e dell’intelligenza artificiale, sono la cifra della crescita della produttività e quindi della robustezza e competitività delle imprese e del benessere economico dei loro lavoratori. Perché se non cresce la produttività le imprese faticano in termini di margini di guadagno e i dipendenti ricevono retribuzioni più basse rispetto ad aziende dove la produttività è maggiore. Ed è questa, infatti, la situazione dell’Umbria rispetto soprattutto al Centro-Nord del Paese.

È, in estrema sintesi, quanto emerge dal report della Camera di Commercio dell’Umbria, nell’analisi del gionalista Giuseppe Castellini, sui bilanci delle imprese di capitali (società per azioni, S.r.l, cooperative, società in accomandita per azioni) dell’Umbria e delle altre regioni prendendo in esame il periodo 2019-2023, concentrandosi sulla questione degli investimenti immateriali. Le aziende prese in considerazione sono quelle compresenti, ossia quelle esistenti nel 2019 e ancora esistenti nel 2024.

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Cosa sono gli investimenti in beni immateriali? Riguardano tutte le spese destinate ad asset non fisici che contribuiscono alla crescita e al valore aziendale. Questi includono marchi, brevetti, software, ricerca e sviluppo (R&s), diritti d’autore, licenze, formazione del personale e reputazione aziendale.

L’Umbria resta indietro e anzi allunga la distanza a suo sfavore
• I dati 2019-2023. Tra il 2019 e il 2023 gli investimenti in beni immateriali per impresa (di capitali) sono cresciuti in Umbria del 34,1%, contro una media nazionale del +39,8%. Un dato, tuttavia, che è sostanzialmente in linea con quello del Centro, decisamente inferiore a quello delle Marche (+50,6%), leggermente inferiore a quello del Lazio (+34,7%), ma superiore a quello della Toscana (+29,7%). Facendo un confronto con la regione benchmark, la Lombardia, il quadro per l’Umbria – e per il Centro – è preoccupante, perché la crescita di investimenti in beni immateriali di un’impresa lombarda di capitali è stata, in media, del 41%. Va ricordato però che a frenare i dati dell’Umbria nel periodo considerato è il 2023, dove la regione registra, unica nel Centro, un segno negativo.

Nel 2023, in media, un’impresa umbra di capitali presenta investimenti in beni immateriali per 94.755 euro, che rappresentano il valore più basso del Centro (Toscana 176.790, Centro 137.392, Lazio 128.483, Marche 96.595). Nel 2023, inoltre, in Umbria gli investimenti in beni immateriali sono scesi e così la regione è stata sorpassata dalle Marche, che fino al 2023 era ancora leggermente sotto l’Umbria. Per avere poi un riferimento della regione benchmark, la Lombardia, nel 2023 gli investimenti immateriali per impresa ammontano in media a 210.685 euro, più del doppio rispetto all’Umbria. Le immobilizzazioni immateriali nella regione sono l’8,9% delle immobilizzazioni totali. In media, un’impresa di capitali in Umbria presenta nel 2023 una percentuale di immobilizzazioni immateriali dell’8,9% sulle immobilizzazioni totali. La media nazionale è del 12,9%, quella del Centro 15,1%. Se si va a guardare, le aziende umbre di capitali non sono affatto ingenerose in termini di investimenti complessivi (materiali + immateriali) e lo dimostra il fatto che, per impresa, nel 2023 le immobilizzazioni totali sono 969.557 euro per impresa di capitali, sopra il Centro (836.534 euro), sopra le Marche (754.287) e leggermente sotto al dato medio nazionale (999.175). Quello che in Umbria accade è che, rispetto alle altre regioni, c’è uno sbilanciamento degli investimenti verso quelli materiali, mentre quelli immateriali come visto sono bassi. Il che significa che il tasso d’innovazione del sistema produttivo regionale è basso, e quindi – come già rilevato in altri report della Camera di Commercio dell’Umbria – anche la sua produttività totale dei fattori è stagnante. Il declino ventennale della regione, in fondo, sta tutto qui.

Un altro elemento che dimostra ciò è che il peso degli investimenti immateriali su quelli totali nella regione dal 2019 è cresciuto poco e, se si considera la contrazione del 2023, è sostanzialmente restato al palo (8,1% nel 2019, 8,7% nel 2020, 9,8% nel 2021, 9,6% nel 2022, 8,9% nel 2023) e questo in anni dove in tutto il mondo la componente immateriale degli investimenti, sotto la spinta della digitalizzazione, è invece aumentata, e non di poco.

Giorgio Mencaroni, presidente della camera di Commercio dell’Umbria ha detto: «Dal report dell’ente camerale sui bilanci delle imprese emerge che, fino al 2023, quando le immobilizzazioni in beni immateriali delle aziende di capitali in Umbria hanno avuto un improvviso calo, l’Umbria dal 2019 aveva visto una spinta all’innovazione in linea con la media nazionale, se non sopra. Tuttavia, anche escludendo il calo del 2023, del quale vanno approfondite le cause, il passo precedente sull’innovazione non aveva comunque un ritmo tale da far guadagnare importanti posizioni alla regione, che partiva da livelli non certo positivi. Occorre quindi accelerare di più, fare di più, per rendere il nostro sistema produttivo più competitivo e robusto, spingendo a tutta forza, in maniera costante e ripetuta, sulla transizione digitale ed ecologica delle aziende, come non mi stanco mai di ripetere e come è nei pilatri programmatici della Camera. E anche per arricchire l’Umbria, in termini economici e sociali, perché le nostre imprese investono molto, ma con risultati che sarebbero molto più importanti se il tasso d’innovazione fosse maggiore. E c’è poi la questione delle piccole imprese, perché il report dell’Ente camerale prende in considerazione solo le imprese di capitali in quanto sono quelle obbligate a consegnare i bilanci al registro delle imprese. C’è quindi tutto un mondo, quello appunto delle piccole imprese, dove va fatto un punto della situazione quanto a innovazione. Perché l’Umbria la sfida la vincerà se sarà capace di diffondere la transizione digitale ed ecologica tra tutte le imprese, e non solo in quelle grandi e medie».

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