Stanziati 1,2 milioni per un solo super resort: 700 mila ai 25 ricoveri pubblici
«Mutterprovinz», la Mamma Chioccia dei sudtirolesi, ama tutti i suoi pulcini. Diversamente, però. Esempio? Spiccioli ai rifugi alpini pubblici e milioni agli «amiketten» privati. Certo, nessuno usa il tedesco maccheronico per ironizzare sulle regalie finite ai padroni di «ricoveri deluxe» in alta quota. La filosofia nell’uso dei pubblici denari, però, dopo la rimonta sulla secolare povertà montana grazie all’immensa autonomia strappata da Silvius Magnago, non è così diversa dall’«amichettismo» sotto accusa nel resto d’Italia. Anzi.
Il destino dei bivacchi
Prendete appunto i rifugi tirati su nei luoghi più impervi a prezzo di enormi sacrifici, pietra su pietra, scandola su scandola, per offrire ospitalità di fortuna agli scalatori sorpresi da rovesci temporaleschi o inattese nevicate. Per i 25 ricoveri pubblici dalla costosissima manutenzione e dai magri guadagni, denunciano Carlo Alberto Zanella del Cai (che ne gestisce 14) e Georg Simoni di Alpenverein Südtirol (11 più un albergo in quota), Mamma Provincia ha scucito l’anno scorso 700 mila euro: 28 mila, in media, a testa. Il costo d’un solo posto letto al villaggio temporaneo che sarà fatto a Cortina per le Olimpiadi 2026. Poco più dei 518.160 dati a fondo perduto dalla stessa Provinz per il solo rinnovo della vecchia condotta idrica e della teleferica (che un domani, chissà, potrebbe portare pure clienti…) al rifugio privato del Passo Santner a 2734 metri nel cuore del parco naturale del Catinaccio. Benedetto, peraltro, da altre generose regalie.
C’era lassù al Catinaccio, racconta la leggenda, il Giardino delle Rose di re Laurino che regnava su un popolo di nani che scavavano la montagna alla ricerca di cristalli, argento ed oro, possedeva un mantello che lo rendeva invisibile e si innamorò perdutamente della bella Similde… C’era anche, fino a pochi anni fa, un piccolo rifugio a un piano costruito nel ‘56 per 12 anime disposte ad ammucchiarsi su sei brande a castello.
Gli incassi
Quanto poteva incassare se pure fosse stato pieno tre mesi l’anno? Una cinquantina di euro a testa in mezza pensione? Farebbero, in 100 giorni di costante bel tempo (magari!) 600 euro a notte per un totale di 60mila l’anno. E chi mai investirebbe con certe spese lassù in cima dove arrivano solo veri scalatori e solo se non piove? Invece, oplà, nel 2018 un investitore salta fuori. È Stefan Perathoner e, ricorderà il Corriere dell’Alto Adige, era rappresentante dei rifugisti privati all’interno dell’associazione albergatori (Hgv) e consigliere comunale della Svp nel municipio di Castelrotto dove lavorava anni fa come capo dell’ufficio legale il quasi compaesano Arno Kompatscher, Presidente oggi dell’opulenta Provincia. Fiducioso nell’avvenire (e nelle prebende pubbliche) l’imprenditore chiede anzi di ingrandire il rifugio.
Quanto? Più possibile. Al punto che, scriverà Riccardo Bruno sul Corriere della Sera, sarà tirata su infine «una piramide a tre piani, al posto di una casupola che quasi scompariva alla vista». Così impattante con le sue superfici metalliche tipo astronave tra le guglie («Certi architetti vogliono metterci il marchio», accusa Georg Simoni) da esser bocciata da Cai e Alpenverein non una ma due volte fino a passare la terza volta, dai e dai, solo in assenza loro e della «commissione paritetica». Risultato: una moltiplicazione «da 319 metri cubi a 2.708 metri cubi»: oltre otto volte la cubatura originale. In un’area tutelata, in teoria, dall’Unesco. Uno sgorbio tale da spingere Legambiente a bollare il neo-rifugio con la bandiera nera: obbrobrio paesaggistico.
Quanto è costato? Un elicottero «da cantiere» — e lassù era indispensabile per quel gigante edilizio — porta dagli 8 ai 9 quintali e costa da 27 ai 35 euro al minuto: da 1.620 a 2.100 l’ora. Tariffe da far accapponare la pelle a un privato senza «aiutini». Da sommare ai costi dei materiali e di una manodopera che a 2734 metri d’altezza sono stratosferici come lo smaltimento di macerie e rifiuti, in un caso perfino persi (parzialmente) nel trasporto. Totale? Girano cifre folli: non ci avventuriamo. Certo è che finora, per il consigliere provinciale di «Team K» Paul Köllensperger che ha sventagliato interrogazioni sul tema, Mamma Chioccia ha aiutato l’amico albergatore con «almeno un milione e 200mila euro». Per un rifugio secondo Legambiente «non necessario dati i parecchi rifugi nelle vicinanze». E nato per offrire trattamenti esclusivi a prezzi esclusivi: 110 euro a notte mezza pensione in camerata, 130 nelle stanze fino a tre. Una tombola, per gli alpinisti.
La scelta del lusso
Il tutto in linea con la scelta del SudTirolo di puntare su un turismo sempre più deluxe dove, tra le ire degli scalatori devoti all’antica rude purezza, i rifugi ospitano passerelle di Lamborghini issate mesi fa fino al Comici dedicato al più celebre dei nostri scalatori, apericena sulle vette comodamente raggiunte con funivie chiuse solo a mezzanotte, cene grand gourmet con ostriche di Normandia e gamberi freschi di Mazara.
È questo il futuro? Magari col rilancio di progetti per ora accantonati quali la torre di cristallo di 18 metri (un condominio di 6 piani) alle Coronelle, come denunciò Valentino Liberto su salto.bz, per «una spesa totale di 16 milioni e 773 mila euro di cui 5,82 milioni finanziati dalla Provincia, che continuerebbe a sostenerne le spese di gestione, stanziando 555 mila euro ogni anno per i prossimi 35 anni»? E magari con la cessione dei terreni demaniali dolomitici? Perché questo è accaduto, al Santner. Anziché darlo in concessione, la Provincia ha svenduto il terreno, che apparteneva ai cittadini italiani, come «edificabile». A 30,5 euro al metro.
Il danno erariale
Una pipa di tabacco. Offensiva anche agli occhi della Corte dei Conti che, ha scritto Chiara Currò Dossi sul Corriere dell’Alto Adige, ha contestato 600mila euro di danni a due dirigenti provinciali rei d’aver «accettato intenzionalmente di vendere un bene del patrimonio indisponibile a un prezzo di gran lunga inferiore al suo valore reale, omettendo di chiedere un’ulteriore stima adeguata alla natura del terreno oggetto di alienazione». Un danno erariale per il quale i due funzionari difesi (ovvio) dai vertici politici svp, potrebbero addirittura non pagare pegno.
Fino ad aprile infatti, in attesa di altri rinnovi, è ancora in vigore lo scudo erariale temporaneamente introdotto per ragioni legate all’emergenza Covid e da allora prorogato e ri-prorogato a dispetto della Corte Costituzionale che ha sancito: poteva andare bene, ma non in eterno. Quindi, o viene dimostrata inconfutabilmente una corruzione o ciao. E l’abuso d’ufficio? Cucù: non c’è più.
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