Trumpini e trumpetti crescono anche in Valle d’Aosta

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Sabato 8 febbraio a Verres, promosso dal Movimento 5 Stelle biellese e valdostano e organizzato dall’europarlamentare Gaetano Pedullà del M5S si è tenuto a Verres un riuscito incontro sul tema della salvaguardia delle Cime Bianche, l’ultimo Vallone incontaminato delle Alpi.

La sala Bonomi era piena di cittadini interessati al tema. Oltre ai relatori erano presenti in sala la senatrice Elisa Pirro, il consigliere regionale piemontese Alberto Unia, il consigliere regionale lombardo Dario Violi, l’ex parlamentare piemontese Alberto Airola del M5S. Inoltre tanti rappresentanti delle molte associazioni e gruppi che si sono uniti in difesa del Vallone tra cui i giovani di Fridays for Future e il gruppo “Valle virtuosa”.

Il Vallone delle Cime Bianche alla testata della Val d’Ayas è da 10 anni sotto la minaccia di un collegamento funiviario da S. Jacques fino al valico, già devastato dagli impianti, con la Valtournenche. Kilometri di cavi e piloni nel bel mezzo si un’area di grande pregio naturalistico e paesaggistico giustamente protetta all’interno della Rete Natura 2000 di valenza europea.

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Con la conduzione della giornalista Daria Pulz si sono susseguiti gli interventi dei relatori. Dopo il saluto iniziale dei promotori, Patrizia Pradelli per M5S Valle d’Aosta, Giuseppe Paschetto per M5S Biellese, Mathieu Stevenin per Valle d’Aosta Aperta Zeta, Annamaria Gremmo ha presentato le bellissime immagini del progetto fotografico indipendente che ha realizzato insieme al marito Marco Soggetto e all’amico Francesco Sisti. Un intervento emozionante e appassionato che ha coinvolto tutti e reso merito alla passione con cui lei, medico biellese, si è dedicata da anni alla causa del Vallone.

Erika Guichardaz consigliera regionale di VDA Aperta, che comprende tra l’altro M5S e Verdi Sinistra Italiana, ha messo in luce come in Regione allo schieramento trasversale favorevole al progetto che comprende tutte le forze politiche del Consiglio, solo lei e un altro consigliere stanno opponendo resistenza.

Alexander Glarey attivista di VSA Aperta ha fatto notare come siano stati già buttati 400.000 euro in uno studio di fattibilità che non ha compreso nemmeno l’opzione zero che dovrebbe invece essere contemplata in tutti i processi di valutazione ambientale e come il finanziamento sarebbe all’80% pubblico e per il 20% coperto da mutui comunque sempre a carico dell’ente pubblico quindi delle tasse dei cittadini. Basterebbe meno del 10% dei 150 milioni previsti per l’opera per risolvere invece il vero problema delle vallate valdostane ovvero il trasporto!

Emanuela Beacco l’avvocata monzese che segue la parte legale ha affermato che la questione potrebbe già considerarsi chiusa perché l’area è all’interno di una zona di protezione europea che prevede deroghe solo per realizzare opere di assoluta rilevanza strategica nazionale, cosa che non si verifica evidentemente per il progetto di funivia presentato. Ha ritenuto che ci siano tutti gli elementi giuridici per bloccare l’opera.

Infine Gaetano Pedullà in un veemente intervento ha assicurato il suo impegno a Bruxelles che segue quello delle europarlamentari che l’hanno preceduto, Tiziana Beghin e Maria Angela Danzì. Ha affermato che il vallone non è solo un bene ambientale valdostano e su cui possano decidere i portatori di interesse economico della Valle d’Ayas e la Regione ma è un bene comune di valenza universale assolutamente da tutelare con una resistenza intelligente, coordinata e determinata.

Come ho sostenuto nel mio intervento il virus di Trump si è purtroppo diffuso, così come il suo famoso slogan, a macchia d’olio e ai piloni tra Scilla e Cariddi di Salvini fanno da contraltare i piloni che devasterebbero il Vallone delle Cime Bianche. Tanti “trumpini” e “trumpetti” nostrani crescono. E probabilmente chi ha pensato al geniale progetto di funivia ha in sottofondo il famoso slogan trumpiano, magari più modestamente declinato come “Aosta Valley great again!”.

La ricetta è sempre la stessa: si pensa di fare grande un Paese o una Regione sempre nel solito modo, all’insegna dell’accoppiata cemento e asfalto. E se Salvini pensa di portare auto, camion e treni da una parte all’altra dello stretto, in Val d’Ayas c’è pure chi vede la funivia come un “mezzo di trasporto” per portare comodamente i cittadini in infradito alle alte quote! Senza pensare che è dimostrato che quando un territorio è devastato perde anche ogni attrattiva turistica e dopo la curiosità iniziale la gente si tiene alla larga e rimangono cavi arrugginiti e una distesa di inutili piloni per le future generazioni. In realtà l’opzione zero, ovvero non fare l’impianto, metterebbe chiaramente in evidenza i vantaggi anche economici rispetto alla funivia. I servizi ecosistemici ovvero la capacità dei processi e dei componenti naturali di fornire beni e servizi che soddisfino, direttamente o indirettamente, le necessità dell’uomo e garantiscano la vita di tutte le specie, hanno anche un valore economico. Non a caso la radice eco (oikos=casa) è comune a ecologia ed economia. La funivia delle Cime Bianche causerebbe danni economici rilevanti proprio a causa delle riduzione dei servizi ecosistemici. Altro che vantaggi! Ma ne siamo certi: No pasaràn!

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