Meloni interrogata da Lo Voi

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C’è un prima e un dopo nei rapporti tra Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, e i vertici dei servizi segreti italiani, in questi giorni protagonisti assoluti delle vicende giudiziarie e politiche del paese, come quella del torturatore libico rimpatriato, Osama Almasri, e degli accessi fatti dall’Aisi sul braccio destro della presidente, il capo di gabinetto, Gaetano Caputi.

Meloni – complottista per indole – ha sempre dato al comparto (come prima di lei Matteo Renzi) un’importanza strategica nel governo del paese. Tanto da voler nominare all’autorità delegata, prima di scegliere Alfredo Mantovano, il cofondatore di Fratelli d’Italia Guido Crosetto, poi piazzato alla Difesa.

Meloni nei primi due anni si è fidata essenzialmente di due figure nel comparto: Elisabetta Belloni, ex capa del Dis, e Giuseppe Del Deo, vice direttore di Aisi prima poi spostato a Piazza Dante, che per mesi ha avuto accesso diretto all’entourage stretto della premier, la segretaria-amica Patrizia Scurti e il marito caposcorta su tutti.

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Se Belloni ha perso appeal quando ha cominciato a scontrarsi con Mantovano e il direttore dell’Aise Gianni Caravelli, la fiducia per Del Deo (sponsorizzato in primis da Crosetto) è scemata tutto d’un colpo. Ossia dopo la misteriosa visita notturna di due persone viste a trafficare vicino l’auto di Andrea Giambruno, l’ex compagno di Meloni, parcheggiata a pochi metri dalla casa della presidente del Consiglio. Vicenda su cui la procura di Roma ha aperto un anno fa un’inchiesta, oggi ancora aperta.

Meloni ascoltata dai pm

Domani può rivelare che, la scorsa estate, Giorgia Meloni è stata ascoltata dal procuratore capo, Francesco Lo Voi, per fornire le informazioni in suo possesso in merito alla misteriosa incursione notturna di due strani figuri che si muovevano sospetti nei pressi della Porsche di Giambruno, pochi giorni dopo la fine della relazione causata dai fuorionda di Striscia la Notizia. L’indagine su quella notte di misteri, che Lo Voi ha avocato a sé, è infatti ancora aperta, e l’esito potrebbe smentire o confermare la versione rassicurante fornita da Mantovano, oggi in guerra proprio con il numero uno della procura capitolina.

Meloni è stata sentita come persona informata sui fatti, e qualcuno crede che possa essere stata la scintilla della guerra tra la premier e la procura di Roma, In realtà da palazzo Chigi negano, spiegando che il colloquio è stato «cordiale». Di più: risulta a Domani che Meloni e Lo Voi abbiano entrambi inizialmente lo stesso sospetto: che la versione fornita dall’Aisi e dalla Digos della Polizia (oggi guidata da un grande amico di Del Deo, Vittorio Pisani) che hanno indicato un ricettatore come uno dei due misteriosi soggetti, faccia acqua da tutte le parti.

Finora poche le cose certe. Sappiamo che due loschi figuri si avvicinano, armeggiando con una lucina, alla macchina di Giambruno, precisamente la notte tra il 30 novembre e il 1° dicembre 2023, mentre Meloni è in missione all’estero, a Dubai.

Una poliziotta, di vigilanza alla casa all’Eur della premier con la sua volante, si accorge che qualcosa non va. Ferma i due, che si qualificano come «colleghi», ma non li ferma né prende il numero di targa. I due vanno via. La donna fa però subito rapporto. Dell’accaduto vengono avvertiti il capo del Polizia, Vittorio Pisani, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Mantovano e la stessa premier.

Le indagini sono due. La prima è del procuratore capo che, come nel caso dell’indagine sulla liberazione del torturatore libico, segue tutto in autonomia senza coinvolgere aggiunti e sostituti. Chiede, a quanto risulta a Domani, al giudice competente l’autorizzazione all’acquisizione dei tabulati telefonici aprendo un fascicolo senza indagati. Non è un passaggio semplice visto i soggetti coinvolti, ma dall’incrocio di numeri e telefonate non sarebbero emersi dati di rilievo.

Mistero Del Deo

Parte una seconda indagine, quella dei servizi, affidata agli uomini di Del Deo. Le investigazioni vengono seguite anche dalla Digos, guidata proprio dagli uomini di Pisani, che relaziona sul caso.

I due possibili sospetti vengono identificati quasi subito. L’identikit fatto dall’agente donna di almeno uno dei misteriosi mister X viene riconosciuto da un collega che lavora nella segreteria del questore di Roma.

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Si tratta di un’agente segreto in forza all’Aisi che fa parte della nutrita scorta di Meloni. Davanti alla foto, la poliziotta conferma. All’Aisi suggeriscono che l’altro uomo misterioso potrebbe essere un altro agente, che spesso lavora con lo 007 “identificato”. I due vengono immediatamente trasferiti all’Aise. Caravelli non sa nulla dei reali motivi, e quando scopre cosa è accaduto, va su tutte le furie con i “cugini”.

La vicenda si gonfia, fossero davvero due agenti bisognerebbe capire perché spiavano la macchina dell’ex compagno della premier. Ma a sorpresa, dopo qualche settimana, grazie all’analisi delle celle telefoniche si scopre che i due non erano nemmeno lì, ma altrove. Anche un passaggio del Telepass lo dimostrerebbe. A quel punto, sempre con l’uso delle celle, l’Aisi (che poi passa le informazioni alla Digos) segnala la presenza in zona, quella notte, di un ricettatore di auto usate.

Che a quel punto viene indagato dalla procura. «Gli accertamenti hanno consentito di escludere il coinvolgimento di appartenenti ai Servizi, e che la sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio», rassicurava il sottosegretario dopo lo scoop di Domani che diede conto della vicenda.

Il mistero resta, e non tutti credono alla teoria del ricettatore. La gestione del caso da parte dell’Aisi fu considerata superficiale, e Del Deo – che ha ammesso di aver fatto fare accessi su Caputi quando era ancora nelle grazie di Meloni – si è giocato le sue chance di diventare direttore del servizio interno.

La presidente del Consiglio «fu contenta che il procuratore procedesse per arrivare alla verità sulla questione e diede tutto il suo supporto, come lui può confermare. E, inoltre, considerò molto serio il fatto che non si fosse saputo del loro colloquio», fanno sapere da palazzo Chigi. Dalla cordialità alla guerra totale, iniziata subito dopo che Lo Voi ha indagato Meloni per la liberazione del torturatore libico.

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