La famiglia non paga la mensa? A Montevarchi i bambini mangiano pane e olio a scuola. E la sindaca difende la scelta contro i “furbetti”

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Chi non paga il servizio mensa, dopo trenta giorni di pranzo assicurato nonostante la mancanza del contributo, mangia pane e olio. È quanto accade a Montevarchi, 24 mila abitanti in provincia di Arezzo. Il regolamento approvato dal Consiglio comunale, agli atti dal 2017, è balzato agli onori della cronaca grazie al Partito Democratico locale che nei giorni scorsi ha sollevato la questione dalle pagine social: “Apprendiamo dai cittadini che ancora oggi in alcune scuole del nostro Comune si continua a somministrare pane e olio ai bambini le cui famiglie risultano morose nei confronti del servizio mensa, facendolo passare per un pasto sostitutivo. Questa modalità, già in passato oggetto di polemiche e critiche da parte di famiglie e cittadini, rappresenta una pratica inaccettabile, ingiusta e profondamente lesiva per i bambini coinvolti, per il gruppo classe e per il personale che deve mettere in pratica tali azioni”.

I dem giudicano “inammissibile” che “l’amministrazione comunale, con l’assessora competente Sandra Nocentini in prima linea, non abbia ancora modificato un regolamento che di fatto discrimina i più piccoli in un luogo deputato all’ educazione e alla formazione degli uomini e delle donne del domani”. Le duer parole dell’opposizione che non scalfiscono la sindaca Silvia Chiassai Martini, civica eletta con il centrodestra, che non retrocede di un centimetro nella guerra ai “furbetti”, come li chiama lei: “Non abbiamo fatto nulla di nuovo se non far rispettare come sempre la norma. Nel nostro Comune – spiega a Ilfattoquotidiano.it – i genitori hanno una prepagata. Il conto elettronico può essere ricaricato con una somma che può liberamente essere decisa dal genitore, non inferiore ad un mese di frequenza dell’alunno”.

Dopo scattano i “trenta giorni di conforto” (in cui viene regolarmente servito il pranzo, ndr) al termine dei quali “i figli delle famiglie morose hanno diritto a un pasto sostitutivo – prosegue Chiassai Martini – La nutrizionista ha deciso che sia pane e olio per andare incontro a tutti”. Una soluzione che per la prima cittadina vale come strumento di dissuasione: “Quando mi sono insediata questa amministrazione aveva 500mila euro di buco di bilancio a causa di famiglie che non pagavano la retta della mensa. Non possiamo certo permettercelo. Quest’anno siamo arrivati a 85mila euro di crediti. Abbiamo posto la scadenza del 7 febbraio per regolarizzarsi e siamo scesi a due-tre mila euro. Ci sono ancora tredici famiglie che non hanno pagato ma mi hanno assicurato di farlo presto”.

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Chiassai Martini non ne vuole sapere delle accuse del Pd e le respinge così: “Chi ha un Isee basso viene chiaramente aiutato dai servizi sociali. Non siamo noi a mettere i bambini a pane e olio ma sono i loro genitori che non rispettano le regole della convivenza civile”. Il Pd non ha intenzione di spegnere le polemiche: “Una comunità civile e solidale non può accettare che si applichino misure discriminatorie nei confronti di minori. La scuola deve continuare a essere un luogo di inclusione e pari opportunità, non di discriminazione e marginalizzazione sociale. Chiediamo con forza che questa pratica venga immediatamente abolita e che l’amministrazione comunale si impegni a trovare soluzioni alternative che garantiscano a tutti i bambini un pasto dignitoso e adeguato. Esistono strumenti di sostegno per le famiglie in difficoltà e misure di controllo e recupero delle morosità, ed è compito della politica locale individuare risposte concrete e giuste”.

Contrariato anche l’assessora regionale all’Istruzione della Toscana: “Quello che sta accadendo è vergognoso. Ma la sindaca si rende conto di cosa significhi questo per loro? È inaccettabile far pagare alle bambine e ai bambini, umiliandoli e discriminandoli, responsabilità che non sono loro”, dice Alessandra Nardini. “È tanto più inaccettabile che questo accada a scuola, ossia nel luogo che più di tutti dovrebbe essere uno spazio di uguaglianza e pari opportunità per tutte le bambine e tutti i bambini, a prescindere dalle condizioni economiche delle loro famiglie o dalle loro scelte”, prosegue. Quindi Nardini conclude: “Il ministro Valditara aveva parlato di umiliazione come fattore di crescita, evidentemente la sindaca Chiassai lo ha preso proprio alla lettera e dunque mi rivolgo a lei chiedendole che torni indietro rispetto a questa scelta vergognosa”.



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