Ma la vita e la morte non sono «regionali»

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 




. – .

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Domani (martedì 11 febbraio) il Consiglio regionale della Toscana dovrebbe approvare la proposta di legge di iniziativa popolare in materia di fine vita “Modalità organizzative per l’attuazione delle sentenze della Corte costituzionale 242/2019 e 135/2024”. Sarebbe così la prima Regione italiana a valutare positivamente la proposta di un’associazione di matrice radicale che altre Regioni hanno respinto o ritenuto illegittima. Ma una Regione è competente a regolare questa materia? La Costituzione riserva espressamente le materie dell’ordinamento civile e dell’ordinamento penale all’esclusiva competenza legislativa dello Stato (art.117, comma 2). E ciò per un’elementare esigenza di uguaglianza, per evitare cioè che la disciplina dei rapporti tra privati e quella dell’individuazione delle condotte penalmente sanzionate possano cambiare da Regione a Regione. Non si può peraltro dubitare che la disciplina del fine vita debba rientrare nelle materie degli ordinamenti civile e penale. Si tratta infatti di stabilire l’ambito di applicazione di fattispecie di reato poste a tutela della vita umana e di individuare il confine della cosiddetta autodeterminazione terapeutica del paziente. Ma allora come è possibile ritenere la sussistenza di una competenza regionale al riguardo? Il titolo della proposta di legge, che allude a semplici «modalità organizzative per l’attuazione» della giurisprudenza costituzionale, contribuisce a mettere a fuoco il problema.

L’idea è che la proposta non serva a riconoscere al paziente un diritto all’assistenza al suicidio nei confronti delle strutture sanitarie convenzionate e del personale. Un simile diritto sarebbe stato già riconosciuto, in presenza di precisi presupposti sostanziali e procedurali, dalle ben note decisioni del 2019 e del 2024 della Corte costituzionale. La proposta di legge ne regolerebbe solo le «modalità organizzative», e dunque le procedure mediante le quali le strutture sanitarie convenzionate dovrebbero consentirne l’esercizio. Non si tratterebbe perciò di intervenire sull’ordinamento civile e penale dello Stato ma di una regolamentazione di dettaglio in materia di organizzazione del servizio sanitario: materia che la Costituzione assegna senz’altro alla legislazione concorrente, dove la competenza è anzitutto regionale salvo che per i principi fondamentali (art. 117, comma 3). È corretto questo ragionamento? Va chiarito se la Corte costituzionale abbia davvero riconosciuto al paziente, sia pure solo in presenza di precisi presupposti, un diritto all’assistenza medica al suicidio o se un simile diritto non finisca in realtà per essere affermato proprio da una proposta di legge come quella toscana, che finirebbe allora per incidere sull’ordinamento civile e su quello penale. In verità, neppure in presenza dei presupposti sostanziali e procedurali indicati nelle note sentenze del 2019 e del 2024 la giurisprudenza costituzionale ha mai riconosciuto al paziente il diritto in questione.

In quelle decisioni – è bene ricordarlo – la Corte ha affermato con chiarezza l’impossibilità di desumere la generale inoffensività dell’aiuto al suicidio da un generico diritto all’autodeterminazione individuale e ha così riconosciuto il preminente rilievo costituzionale del principio di indisponibilità della vita umana. È pur vero che, in presenza di certi presupposti sostanziali e procedurali, la stessa Corte ha stabilito altresì l’illegittimità costituzionale della norma penale che sanziona l’assistenza al suicidio. Tuttavia, nell’occuparsi del problema se al personale sanitario debba o meno riconoscersi la possibilità dell’obiezione di coscienza, il “giudice delle leggi” ha anche precisato che la propria decisione «si limita a escludere la punibilità dell’aiuto al suicidio nei casi considerati, senza creare alcun obbligo di procedere a tale aiuto in capo ai medici». E ha aggiunto: «Resta affidato, pertanto, alla coscienza del singolo medico scegliere se prestarsi, o no, a esaudire la richiesta del malato». In nessun caso, dunque, una richiesta di assistenza al suicidio deve ritenersi vincolante nei confronti del personale sanitario, neppure laddove ricorrano i presupposti per la non punibilità. Se però non sussiste un obbligo del personale sanitario allora neppure esiste un correlativo diritto del paziente. Il che vuol dire che la giurisprudenza costituzionale non riconosce ai pazienti alcuna pretesa immediatamente esigibile. Con ciò appare manifesta l’illegittimità costituzionale di proposte legislative come quella in discussione nell’Assemblea regionale toscana per violazione di un ambito di competenza legislativa esclusiva dello Stato. La stessa Corte nelle decisioni del 2019 e del 2024 ha invitato il Parlamento a intervenire ma non ha affatto riconosciuto una competenza regionale al riguardo.​

Ordinario di Diritto privato Università Europea di Roma

Ordinario di Diritto costituzionale Università Europea di Roma





Source link

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link