«L’Italia è primatista dell’export, tra i maggiori produttori di vaccini e medicine contro le malattie rare, le patologie oncologiche. Il governo usi questa leva per scoraggiare i balzelli e semplifichi gli incentivi fiscali»
Microcredito
per le aziende
La prospettiva dei dazi americani sulle importazioni dall’Europa preoccupa la farmaceutica italiana. «Allarma il tono della minaccia protezionista, in generale — dice Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, che fa capo a Confindustria, oltre che capo per l’Italia di Sanofi —. Il settore farmaceutico in Italia è un campione dell’export. Non va penalizzato. Per il governo, nel quale ho fiducia, si apre l’opportunità politica di mettere al centro quest’industria, cuore della produzione manifatturiera, nella cornice del dialogo con gli Stati Uniti che vede l’Italia in posizione di vantaggio. Il nostro auspicio è che il governo italiano usi questa leva per scoraggiare l’introduzione dei dazi». Il 6 febbraio Cattani ha incontrato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti per chiedere di valorizzare con incentivi e riduzione degli oneri (leggi payback) l’industria farmaceutica, all’interno della quale sale il peso delle scienze della vita («Dal 12% del 2022 al 15% di quest’anno»), quindi anche della ricerca e dell’innovazione.
Ora il presidente di Farmindustria lancia un «manifesto per la crescita» e propone da un lato di usare il «caso pharma» come leva per scongiurare i dazi americani, dall’altro agevolazioni fiscali per aumentare gli investimenti.
Il record dell’export
Dopo il record dei 49 miliardi di export registrato nel 2023, si stima che anche il 2024 sia un anno positivo per l’esportazione e gli Usa sono un mercato trainante. Secondo gli ultimi dati di Farmindustria, nei primi dieci mesi dello scorso anno l’export dall’Italia verso gli Stati Uniti è cresciuto del 19,8% rispetto al gennaio-ottobre 2023 a 7,8 miliardi: prima regione la Toscana, seguita da Lombardia e Lazio. «Siamo primi per crescita nell’industria manifatturiera», dice Cattani. Le esportazioni verso il resto d’Europa sono nel periodo di 19,9 miliardi (+10%).
«L’export di farmaci e vaccini in tutto il mondo nei dieci mesi è stato di 41,4 miliardi, stimiamo che in tutto il 2024 superi quello del 2023», dice il presidente di Farmindustria. Che sottolinea come evitare dazi sul settore sia un vantaggio sia per l’Italia e l’Europa sia per gli Usa, visto che «circa il 35% dei farmaci» — uno su tre — «approvato lo scorso anno dall’Fda, l’autorità del farmaco americana, nasce da ricerca e sviluppo di aziende europee».
La ricerca europea
«Il governo ha in mano una carta importante, perché non siamo sostituibili — dice Cattani —. Da farmaci ai vaccini, gli Stati Uniti hanno bisogno dei nostri prodotti. E tutta l’Europa, malgrado la crisi che sta attraversando, gioca un ruolo di rilievo. Agli Stati Uniti serve la ricerca europea e noi italiani siamo tra i primi produttori di vaccini, anticorpi monoclonali, farmaci per la terapia del diabete, per patologie cardio-metaboliche, malattie rare. Il ventaglio è ampio, fino alle piccole molecole, anche per le malattie oncologiche e immunologiche».
I distretti alternativi, da Singapore agli Emirati
Secondo Cattani, i circa 8 miliardi di euro di farmaci prodotti in Italia che in dieci mesi sono entrati negli Stati Uniti sono «una leva di politica economica per il governo italiano», per fronteggiare eventuali dazi che «sarebbero un problema». Anche perché il settore esclude, in linea di principio, compensazioni a valle dei costi. «Alzare i prezzi indebolirebbe la profittabilità — dice Cattani — e in parallelo gli Usa potrebbero importare farmaci da nuovi distretti di produzione come Singapore, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi». Per rafforzare gli investimenti dell’Europa in tecnologia, secondo Cattani poi «la Commissione Ue dovrebbe rafforzare i brevetti, allungando i diritti di proprietà intellettuale» oltre i 20 anni attuali, a dispetto delle passate considerazioni, durante e dopo il Covid, sull’opportunità di sospendere i brevetti che, in Italia, «sono aumentati del 35% nel 2019-2023». Per il Paese, Cattani sollecita il rafforzamento degli incentivi fiscali in un settore che nel 2023 radunava 284 imprese con 3,6 miliardi d’investimenti, 70 mila dipendenti e un valore della produzione di 52 miliardi. Tre le proposte.
Le tre proposte
La prima è allargare il bacino d’utenza del patent box, la tassazione agevolata per gli investimenti in innovazione. «È utile, ma va rafforzato e reso di più facile accesso». La seconda, analoga, riguarda Industria 5.0: «Non sta funzionando, troppo burocratica. Va semplificata». La terza è introdurre «detrazioni per chi assume alcune categorie di lavoratori», come chi svolge dottorati di ricerca. Sullo sfondo resta il nodo del payback, il meccanismo di parziale ripianamento a carico delle imprese farmaceutiche se lo Stato o le regioni superano il tetto della spesa farmaceutica e ospedaliera. «È un disincentivo forte, quest’anno coprirà oltre il 18% del fatturato soggetto a questa misura in Italia». Nel 2027 compirà 20 anni, da tempo l’industria del settore chiede di abolirlo.
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