Pensioni, ultime notizie sugli arretrati del 2023 e 2024. Ecco cosa può accadere

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Sono giorni di attesa per i pensionati: in questi giorni, infatti, dovrebbe arrivare la sentenza della Corte Costituzionale in merito alla questione di legittimità sollevata prima dalla Corte dei Conti della Toscana e successivamente dalle Corti dei Conti della Campania.

Una sentenza che a seconda di come andrà potrebbe anche portare al riconoscimento degli arretrati delle pensioni in riferimento agli anni 2023 e 2024; il che ovviamente rappresenterebbe una buona notizia, per quanto è bene essere cauti a riguardo perché l’orientamento della Corte degli ultimi anni lascia pensare che anche nel caso in cui dovesse esserci effettivamente una pronuncia di incostituzionalità difficilmente ci sarà la restituzione di quanto non riconosciuto negli ultimi due anni.

Ma andiamo con ordine e ripercorriamo le tappe che hanno portato alla pronuncia della Corte Costituzionale, facendo chiarezza su cosa può succedere sul fronte pensioni e arretrati.

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Perché la Corte Costituzionale si sta per esprimere sulle pensioni

Come noto, ogni anno gli importi delle pensioni vengono adeguati in base alla variazione del costo della vita accertato negli ultimi 12 mesi. Tuttavia, nella legge di Bilancio 2023 è stato adottato un meccanismo differente rispetto a quello previsto dalla legge n. 448 del 1998, penalizzando oltremodo gli assegni di importo superiore a 4 volte il trattamento minimo (circa 2.000 euro lordi).

Un meccanismo, quello voluto dal governo Meloni, che è servito a limitare l’esborso sulla rivalutazione negli anni caratterizzata da un’elevata inflazione. Ricordiamo, infatti, che nel 2023 il tasso di inflazione accertato è stato pari all’8,1%, mentre nel 2024 – anno in cui il meccanismo Meloni è stato confermato con qualche piccolo correttivo – del 5,4%.

A causa delle nuove regole, quindi, ci sono stati pensionati che hanno preso meno soldi rispetto a quelli che avrebbero percepito con il metodo di rivalutazione ordinario, quello che per intenderci è stato utilizzato nel 2025, e ciò ha portato a una serie di ricorsi che, come anticipato, hanno fatto sollevare la questione di legittimità costituzionale, in particolare per la violazione degli articoli 3, 36 e 38 della Costituzione. Prima è stata la Corte dei Conti della Toscana, con l’ordinanza del 6 settembre 2024, alla quale è seguita quella della Campania con l’ordinanza n. 185 del 2024. Sull’argomento è tornata nuovamente la Corte dei Conti della Toscana con l’ordinanza del 27 novembre 2024.

Si attende quindi la sentenza della Corte Costituzionale, che dovrebbe arrivare a giorni così da sciogliere i dubbi rispetto alla legittimità dell’azione del governo Meloni. La pronuncia dovrebbe arrivare a breve e secondo indiscrezioni sembra che darà ragione ai pensionati. Questo, però, non significa necessariamente che verrà autorizzata la liquidazione degli arretrati.

Rivalutazione delle pensioni e Corte Costituzionale, cosa può succedere?

Nelle varie occasioni in cui la Corte Costituzionale si è espressa nei confronti di un blocco o di una stretta sulla rivalutazione nel dare ragione ai pensionati ha disposto il ripristino del meccanismo originario per gli anni successivi, senza però prevedere il pagamento degli arretrati per gli anni precedenti. Una decisione presa anche per salvaguardare i conti pubblici, un po’ come fatto con la sentenza che ha previsto l’illegittimità del pagamento ritardato del Tfs per i dipendenti pubblici.

Per questa ragione riteniamo che anche in caso di sentenza positiva i pensionati non riceveranno alcun arretrato per il biennio 2023-2024.

In caso contrario, i pensionati andrebbero a ricevere quanto non è stato riconosciuto a causa della stretta della rivalutazione. Pensiamo ad esempio a un assegno di 2.500 euro, per le quali con il meccanismo ordinario sulla parte d’importo che non supera le 4 volte il trattamento minimo sarebbe stato applicato il tasso intero, mentre per la parte restante quello ridotto al 90%.

Ciò significa che nel 2023 per i primi 2.101,53 la rivalutazione sarebbe stata dell’8,1%, con un incremento di 170,22 euro, mentre per i restanti 398,47 euro, con un tasso del 7,29% (90% di quello ordinario), l’incremento sarebbe di 29,04 euro.

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Complessivamente, quindi, l’assegno sarebbe salito a 2.699,26 euro.

Nel 2024, con un tasso del 5,4%, per i primi 2.271,76 euro (4 volte il trattamento minimo aggiornato al 2023) l’aumento sarebbe stato di 122,67 euro, mentre per i restanti 228,24 euro l’incremento sarebbe stato di 5,96 euro. In due anni, quindi, un assegno di 2.500 euro sarebbe salito a 2.827,89 euro.

Con il meccanismo introdotto dal Governo Meloni, invece, nel 2023 sull’intero importo è stata applicata una rivalutazione all’85% del tasso (6,885%), a fronte di un aumento di 172,12 euro. L’assegno è così salito a 2.672,12 euro; nel 2024, invece, la rivalutazione è al 90% del tasso (4,86%), sempre sull’intero importo, con un ulteriore incremento di 129,86 euro.

In due anni, quindi, l’assegno è salito a 2.801,98 euro, con una differenza complessiva di circa 25 euro.

Non molto: il problema ha riguardato perlopiù gli assegni d’importo più alto, come dimostra una pensione di 3.000 euro. Con una rivalutazione ordinaria l’assegno sarebbe salito a 3.231,17 euro nel 2023 e a 3.397,29 euro nel 2024. Con il meccanismo Meloni, e una rivalutazione quindi al 53% del tasso, l’aumento è stato di 3.128,79 euro nel 2023 e a 3.218,33 euro nel 2024. Complessivamente, quindi, il taglio è stato di 178,96 euro al mese.

Ancora peggio è andata a una pensione di 3.500 euro. Nel 2023 l’aumento l’avrebbe portata a 3.761,52 euro, fino a salire a 3.949,12 euro nel 2024. Con la rivalutazione del Governo Meloni, invece, da 3.500 euro a 3.633,24 euro nel 2023 e a 3.725,45 euro nel 2024: nel complesso, quindi, sono andati persi 223,67 euro al mese.

Si tratta di molti soldi quindi, il che di fatto pone la Corte Costituzionale in una situazione alquanto delicata: una sentenza positiva con tanto di pagamento degli arretrati, infatti, rischia di gravare sui conti dello Stato, un rischio che sembra allontanare del tutto una tale ipotesi.

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