Partecipazione dei dipendenti, sprint su una norma svuotata

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Mentre la premier sostiene la legge sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende, la maggioranza ostacola quella sulla settimana corta. La prima, di iniziativa popolare e promossa dalla Cisl, è diventata uno strumento per la propaganda del centrodestra, che però ha svuotato il testo dei suoi contenuti più incisivi. La seconda (primo firmatario Nicola Fratoianni e sottoscritta da Giuseppe Conte, Angelo Bonelli, Elly Schlein) continua invece a essere rinviata.

INTERVENENDO ieri all’assemblea nazionale della Cisl, Giorgia Meloni ha detto di «non avere avuto alcun dubbio» nel sostenere la proposta di legge sulla partecipazione dei lavoratori, perché tra dipendenti e imprese serve un «rinascimento partecipativo». Per la leader del governo, la norma «ci permette di dare finalmente attuazione, 77 anni dopo, all’articolo 46 della Costituzione», che sarebbe «una conquista storica tanto per i lavoratori quanto per le imprese, e darebbe finalmente compimento a un’intuizione straordinaria dei nostri padri costituenti». Tuttavia il testo in discussione alla Camera è stato stravolto rispetto alla stesura originaria, rendendolo ininfluente rispetto al «diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende» previsto dalla carta costituzionale.

LA PROPOSTA DI LEGGE intendeva definire le modalità di cogestione dei rappresentanti dei lavoratori nei consigli di amministrazione delle imprese, disciplinare la distribuzione degli utili ai dipendenti e introdurre meccanismi premiali per le aziende che coinvolgono i loro impiegati. La Cisl ha raccolto 400 mila firme per portarla in parlamento, ma le commissioni Lavoro e Finanze hanno ridimensionato la portata della legge di iniziativa popolare prima di dargli il via libera, arrivato il 23 gennaio.

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DEI 22 ARTICOLI presenti nella versione originale, ne sono sopravvissuti solo 15 e con profonde modifiche. I relatori, Lorenzo Malagola (FdI) e Laura Cavandoli (Lega), hanno cancellato la quota minima di dipendenti nei cda delle imprese e reso ipotetici, anziché obbligatori, i meccanismi premiali e le commissioni di consultazione con i rappresentanti dei lavoratori. In definitiva, saranno solo i datori ad avere la facoltà di attivare le forme di partecipazione gestionale e consultiva dei loro dipendenti. Nonostante ciò, ieri la segretaria generale aggiunta della Cisl, Daniela Fumarola, ha festeggiato il «risultato storico». Il segretario uscente, Luigi Sbarra, ha negato che il testo sia stato svuotato. Sbarra ha anche attaccato (senza mai nominarlo) il segretario della Cgil Maurizio Landini, contrario alla norma: «Che da una cultura sindacale contrassegnata da un mix di antagonismo, populismo e benaltrismo arrivasse un no ideologico, era prevedibile».

A OPPORSI alla legge c’è anche il Pd. Che inizialmente era a favore, in particolare l’ex segretaria della Cisl Annamaria Furlan (ora parlamentare dem) e una parte dei riformisti, ad esempio Lorenzo Guerini. Poi la linea del partito è cambiata, sulle orme della Cgil. «Tutte le modifiche sono state nettamente peggiorative», commenta il deputato Arturo Scotto al manifesto. «Nell’attuale stesura, la partecipazione dei lavoratori ai processi decisionali ed economici delle imprese non è più obbligatoria, bensì è una libera discrezione delle aziende. Il principio della contrattazione collettiva, che compariva 14 volte, è stato cancellato. Se il testo non cambia, per noi è impossibile votarlo».

SECONDO IL PARLAMENTARE dem, «le proposte di legge di iniziativa popolare sono un esercizio di democrazia diretta che il parlamento ha il dovere di discutere, mentre il governo dovrebbe fare due passi indietro. Invece ha deciso di intervenire stravolgendo il testo». Il Pd aveva proposto di imporre il coinvolgimento dei sindacati più rappresentativi, ma gli emendamenti sono stati bocciati. «Così il governo devolve la partecipazione alla benevolenza di qualche impresa illuminata, senza codificare il ruolo dei sindacati», conclude Scotto. «Se l’obiettivo di questo governo è scegliersi il sindacato che gli piace e che dice sempre di sì, è un’idea della democrazia che ci preoccupa». Il cambio di posizione ha messo in imbarazzo alcuni dem: una minoranza sarebbe ancora a favore della norma.

IERI SI SAREBBE DOVUTO discutere alla Camera di settimana corta ma la destra ha rimandato a stamattina. La pdl, sostenuta da Pd, 5S e Avs, ha iniziato il suo cammino il primo ottobre ed è ancora in alto mare. Le opposizioni: «La maggioranza aveva annunciato che avrebbe fatto una proposta. Aspettiamo che battano un colpo. A una cosa si rassegnino: non ce la faremo cancellare».



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