Umbria: invertire la rotta del declino economico. Un’emergenza quanto quella della sanità

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Non c’è più tempo per non agire. E’ urgente invertire la rotta del declino economico. L’Umbria è pesantemente collocata, con i suoi indicatori economici, tra le regioni del Mezzogiorno, anche se geograficamente sta nell’Italia mediana. Alcuni dati parlano da soli: il reddito medio pro capite è sotto del 9% rispetto alle nostre consorelle del centro Italia; le retribuzioni medie dei lavoratori dipendenti sono circa il 12% sotto la media nazionale; le pensioni sono più basse di quelle erogate mediamente a livello nazionale. E i dati demografici non ci confortano: siamo la regione con il maggior numero di anziani, dopo la Liguria, e abbiamo perso circa 15mila giovani negli ultimi anni che se ne sono andati per ragioni di studio o di lavoro. Anche nel welfare, dove potevamo vantare un’universalità dei diritti, abbiamo fatto arretramenti profondi. E le previsioni nazionali non fanno volgere il tempo al meglio: si registrano già segnali di significativo rallentamento nella filiera automotive, nella metallurgia e nella chimica. E l’orizzonte del protezionismo e del sovranismo di questa destra, guidata da Trump, non aiuta certamente una regione come la nostra, perfino nei settori dei prodotti agroalimentari e della moda. L’Umbria sembra divenuta una sorta di area interna depressa, isolata e anziana. E, da tempo, sembra avvitata su sé stessa, con il rischio di scegliere di galleggiare, attivando non le energie produttivistiche ma quelle assistenzialistiche, proprie di una regione del sud. Occorre urgentemente un pensiero e occorre un progetto per l’Umbria. La nostra regione è passata storicamente dall’avere uno sviluppo fondato sulle proprie forze endogene ad uno sviluppo eterodiretto. Dai trasporti pubblici all’energia, alle banche sino alle grandi multinazionali, le cabine di comando stanno altrove. La risposta a queste dinamiche sta nel credere e perseguire politiche pubbliche inter-regionali e rafforzare il ruolo guida della nostra migliore imprenditorialità. Non si può restare isolati nel nostro galleggiamento. Bisogno guardare oltre i nostri confini e creare spazi di collaborazione strategica con le regioni contigue per sviluppare efficaci politiche industriali per l’innovazione e per l’internazionalizzazione, per la gestione dei rifiuti, per nuove infrastrutture, per la sanità o per i trasporti pubblici. La competitività delle imprese è stata interpretata troppo spesso solo in termini di politiche del lavoro. Abbiamo pochi lavoratori (soprattutto giovani), basse retribuzioni e bassa produttività. Le politiche della formazione in campo tecnologico e professionale sono indispensabili e vanno potenziate. Ma abbiamo bisogno anche di guardare oramai ad un’altra fonte della competitività delle imprese, ossia l’energia. Tante aziende, dalla metallurgia alla meccanica, che pagano l’energia a prezzi tali da non renderle competitive. Ecco un’altra questione da affrontare con nuove politiche energetiche, anche su scala inter-regionale. Lo spopolamento genera desertificazione immobiliare e commerciale, con impatti anche sui servizi pubblici come scuola, sanità e trasporti. Intere aree appenniniche rischiano, non solo per il sisma ma anche per il declino del settore manifatturiero, di restare sempre più marginalizzate. Ci vuole un grande progetto pubblico-privato per rigenerare e rivalorizzare queste aree se non vogliamo perderle definitivamente sul piano sociale ed economico. La terziarizzazione dell’economia, in Umbria, è stata vista come espansione del commercio. Ma questo terziario, spesso fatto di soli centri commerciali collocati nelle periferie, ha impoverito i centri storici e il commercio di prossimità, condizione essenziale per la qualità della vita dei residenti, e non solo (perfino per i turisti). Occorre riscrivere in fretta una legislazione regionale per il commercio e per il turismo che dica basta a queste strutture, già pesantemente presenti nel nostro panorama al punto da collocarci tra le regioni con la maggiore densità di questi format commerciali a livello nazionale. In poche parole, gli umbri non meritano più di aspettare la “terra promessa”. Da anni stanno attraversando il deserto ma adesso è arrivata l’urgenza di vedere il cambiamento strutturale. Spetta alla Regione e ai principali enti istituzionali dell’Umbria pensare in grande e realizzare da subito quel cambiamento necessario non più dilazionabile.



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