«Un’azione multilaterale per combattere fame e povertà, l’approccio dell’Ifad in sintonia con il piano Mattei»

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di Monica Ricci Sargentini

Intervista a Federica Diamanti, vicepresidente delFondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (Ifad):«Siamo seduti su un vulcano in eruzione, l’aiuto pubblico allo sviluppo ha subito una decelerazione mentre le crisi aumentano»

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Fame e povertà estrema sono rimaste a livelli elevati negli ultimi anni e mostrano pochi segni di una diminuzione drastica entro il 2030. Mentre le alleanze internazionali, le priorità e i finanziamenti allo sviluppo diventano più complessi e incerti, e il cambiamento climatico continua ad accelerare, affrontare le sfide dello sviluppo agricolo e rurale richiede un’azione rinnovata, un focus strategico e un pensiero e strumenti finanziari innovativi. Per discutere di questo si è aperta oggi a Roma la 48sima sessione del Consiglio dei Governatori del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (Ifad), alla presenza, tra gli altri, del presidente dell’Ifad, Alvaro Lario, di Re Letsie III del Regno del Lesotho, del Presidente della Sierra Leone, Julius Maada Bio, e del nostro ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti che ha sottolineato l’importanza dell’Ifad «per lo sviluppo del piano Mattei». Ne abbiamo parlato con la vicepresidente associata dell’Ifad Federica Diamanti, esperta di alto livello nel campo della finanza dello sviluppo.

Quali sono le misure più urgenti da adottare per migliorare la situazione dei paesi in via di sviluppo?




















































«La situazione attuale non è una situazione di ordinaria amministrazione, c’è una richiesta, come ha detto il Ministro Giorgetti, di dimostrare che effettivamente ancor di più che nel passato le risorse che vengono dedicate allo sviluppo sono effettivamente risorse che vanno a impattare con efficacia e che possano poi avere un ritorno anche per i Paesi che investono in queste istituzioni. L’Ifad non è preoccupata di questo perché ha una storia proprio di monitoraggio dei risultati con i progetti che sono finanziati appunto con le risorse che vengono dedicate allo sviluppo. Per noi è pane quotidiano. Quello che è importante per raggiungere i risultati migliori è l’unità tra i Paesi».

Perché serve un approccio multilaterale?
 «L’unità è una garanzia per ottenere i risultati, al di là se un’istituzione è toccata più o meno il sistema multilaterale deve reggere e il Consiglio dei Governatori ora in questo momento a Roma è un segnale fortissimo del supporto al multilateralismo con una membership diversificata dalla Ministra del Kuwait al ministro della Tanzania, al ministro italiano dell’Economia alla First Lady del Brasile. L’Ifad ha un focus molto specifico sul contrasto alla povertà rurale, la trasformazione della vita delle persone che vivono nei contesti più difficili del mondo, per questo ha bisogno di un supporto più ampio possibile».

Lei ha detto che cè il rischio di vanificare i progressi degli ultimi decenni perché?

«Il rischio c’è perché effettivamente l’aiuto pubblico allo sviluppo ha subito una decelerazione e allo stesso tempo le sfide si sono moltiplicate e sono diventate sempre più interrelate. Non c’è stato tempo di riprendersi dalla pandemia che altri shock si sono sommati, la crisi di cambiamenti climatici imperversa in tutte le parti del mondo e soprattutto i conflitti: quello in Ucraina e Gaza ma ce ne sono tantissimi altri, pensiamo al Sudan, pensiamo a quello che sta succedendo in Repubblica Democratica del Congo e al confine con Ruanda. Siamo seduti su un vulcano in eruzione e questo mette a rischio i progressi che sono stati compiuti finora nel contrasto alla povertà nel mondo ma anche proprio allo sviluppo sostenibile. D’altra parte io vedo anche un’opportunità, quella di trovare soluzioni innovative che ci consentano di ottenere più obiettivi con una singola azione».

Come giudica il piano Mattei dell’Italia?

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«È un piano precursore dei tempi perché dimostra che è possibile conciliare l’interesse nazionale con la politica estera e la cooperazione. L’approccio multilaterale si associa ad un’agenda che comunque ha un forte connotato bilaterale. C’è la capacità di guardare all’investimento nel continente africano, che poi è l’approccio dell’Ifad cioè investire nella trasformazione delle zone rurali, nei piccoli agricoltori, favorendo il settore locale. Una logica di investimento, non di assistenzialismo. Quindi l’Ifad e il piano Mattei parlano la stessa lingua. Noi ci stiamo proprio dotando istituzionalmente di una maggiore capacità sia di mobilizzare le risorse del settore privato sia di finanziare quel settore privato locale che è l’unico attore vero del cambiamento».

Secondo lei ci si preoccupa più dei conflitti, soprattutto di alcuni, e si sta un po’ sottovalutando?

«È evidente che c’è un peggioramento delle condizioni climatiche e che c’è bisogno di investire per evitare la degenerazione dei terreni, la desertificazione, gli shock estremi del meteo. Bisogna evitare di arrivare alle situazioni di emergenza, noi dell’Ifad continueremo a lavorare su questo, anche perché è la domanda. I Paesi chiedono questo tipo di finanziamento».

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12 febbraio 2025 ( modifica il 12 febbraio 2025 | 22:19)

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