Etiopia: fra la pace e il Tigray, (anche) la crisi permanente del TPLF

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Il partito si è spaccato in due e l’accordo di pace di Pretoria resta in parte sulla carta

La formazione si è scissa in due fazioni: una guidata da Getachew Reda e una dal capo storico Debretsion Gebremichael

Una foto dal 40esimo anniversario della nascita del TPLF. (Crediti: Paul Kagame/Flickr)

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A due anni dalla fine del conflitto civile tra le forze dello stato-regione del Tigray, confinante con Sudan e Eritrea, e l’esercito federale dell’Etiopia, non si è ancora raggiunta la necessaria situazione di stabilità che consenta il rientro di centinaia di migliaia di sfollati e la ricostruzione delle numerose infrastrutture distrutte durante la guerra.  Secondo alcune  stime ritenute credibili, nel conflitto, fra novembre 2020 e novembre 2022, hanno perso la vita complessivamente circa 600mila persone. Gli sfollati sono stati oltre tre milioni e attualmente sarebbero quasi 900mila. 

A inizio febbraio, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa locale Borkena, la Global Society of Tigray Scholars and Professionals (GSTS), organizzazione che raccoglie intellettuali e professionisti tigrini, ha inviato una lettera al presidente USA Donald Trump per invitarlo a «porre la sua attenzione sull’accordo di pace e cessazione delle ostilità (CoHA), siglato a Pretoria nel 2022 tra il governo etiope e le autorità del Tigray, e sulla successiva dichiarazione esecutiva di Nairobi, per garantirne una rapida e piena attuazione».

Per la GSTS  è più che mai necessario affrontare la «crisi di emergenza umanitaria in corso nella regione del Tigray» e le sfide più ampie per la sicurezza nell’intero Corno d’Africa. L’organizzazione chiede anche il ritiro di tutte le forze militari dalla regione, a eccezione della Forza di difesa nazionale etiopica (ENDF), e in particolare la rimozione delle forze amhara ed eritree dal Tigray. Infine, la GSTS chiede maggior sostegno all’Amministrazione provvisoria del Tigray (TIA).

Il retroterra

Da circa due anni a questa parte si è prodotta una grave spaccatura all’interno del Fronte di liberazione del popolo del Tigray (TPLF), il partito che ha governato la regione (e in realtà anche il paese, all’interno di una più ampia coalizione) per anni e che ha combattuto con la sua ala militare contro Addis Abeba nell’ultimo conflitto. La divisone nel TPLF è poi degenerata in una vera e propria scissione in due fazioni rivali. Una fazione è guidata da Getachew Reda, che il governo federale aveva nominato presidente dell’Amministrazione provvisoria poco dopo l’accordo di Pretoria. L’altra fazione è guidata invece da Debretsion Gebremichael, veterano della guerriglia del TPLF ed ex presidente dell’Amministrazione regionale del Tigray.

Nell’agosto scorso Debretsion era stato rieletto presidente del partito durante il suo 14° Congresso. L’assemblea si era però svolta in modo illegale a detta della fazione di Getachew, la Commissione elettorale nazionale dell’Etiopia (Nebe) e il governo federale. Nei mesi successivi le due fazioni si erano scambiate accuse su varie questioni, compresa la legittimità dell’attuale Amministrazione regionale provvisoria.

È noto, peraltro, che lo scorso novembre Getachew era stato rimosso da portavoce e vice presidente del Tplf e che Debretsion lo aveva rimpiazzato con l’ex capo dell’ufficio regionale della Giustizia, Amanuel Assefa. Secondo molti analisti, pare che anche il braccio armato del partito, noto come Forze di difesa del Tigray (TDF), si sia diviso. Un segmento sosterrebbe la fazione di Debretsion, mentre un altro supporterebbe l’amministrazione regionale provvisoria guidata da Getachew. Il quale, qualche giorno fa, ha non a caso ammonito che un nuovo conflitto interno potrebbe scoppiare in qualsiasi momento.

Il primo ministro etiope Abiy Ahmed, dal canto suo, ha invitato le élite della regione a risolvere pacificamente le loro divergenze. Tuttavia regna molto scetticismo, e in tanti interpretano il messaggio del premier come un preavviso di una potenziale operazione militare nella zona. Un’ eventualità, questa, che peggiorerebbe lo stato di paralisi che già si riscontra nella regione.

I diversi attori

Nonostante vari incontri con funzionari federali sulle modalità di attuazione dell’Accordo di Pretoria, le due fazioni di Getachew e Debretsion si scambiano minacce e intimidazioni, accusandosi a vicenda. È in questo contesto che Getachew ha accusato le TDF, che dopo l’intesa di pace sono sostenute dal governo di Addis Abeba, di aver tentato un colpo di stato “soft” contro l’Amministrazione provvisoria, proponendo la creazione di una nuova amministrazione regionale.

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Pertanto sembra essersi creata una spaccatura anche a livello delle forze di sicurezza dipendenti dal governo di Addis Abeba, che finora erano sembrate neutrali. Alcuni rappresentanti delle TDF avrebbero definito impotente l’amministrazione provvisoria, accusando Getachew Reda e gli altri ufficiali di non saper adempiere ai doveri loro affidati secondo i termini dell’Accordo  di Pretoria.

Il tenente colonnello Gebre Gebretsadiq, che ha parlato a nome delle TDF, ha addirittura definito come tradimento il rifiuto, da parte dei responsabili dell’amministrazione provvisoria, di cedere il potere e stabilire una nuova amministrazione. E ha affermato che anche i rappresentanti delle TDF all’interno del gabinetto verranno sostituiti se non saranno all’altezza delle loro responsabilità. A questa presa di posizione si è opposto il tenente generale Tadesse Werede, membro del gabinetto in qualità di capo della sicurezza e rappresentante ufficiale delle TDF.

Quanto a Getachew Reda, ha smentito le accuse di Gebretzadiq, definendo la sua proposta di nominare una nuova amministrazione provvisoria, «illegale» e «inaccettabile». A Getachew si sono uniti, nella critica a Gebretzadiq, anche Alula Hailu, vicepresidente del partito di opposizione SalsayWeyane, che ha definito inappropriato il malcelato sostegno delle forze armate al TPLF e al suo presidente, Debretsion Gebremichael.

In un comunicato stampa rilasciato la scorsa settimana, i leader di SalsayWeyane hanno dichiarato: «Il Tigray rimane tragicamente inghiottito in una profonda crisi derivante dal decadimento politico interno del TPLF, caratterizzato da una corruzione dilagante e lotte intestine. Questo conflitto interno è ulteriormente esacerbato dalla persistente incapacità del governo etiopico di onorare gli impegni delineati nell’accordo di Pretoria».

Dal canto suo Amdom Gebreselassie, presidente di un altro partito locale, Arena Tigray, ha respinto le dichiarazioni di Gebretzadiq, sostenendo che chi le ha fatte in realtà non rappresenta il TDF. Il dirigente ha aggiunto che gli alti ufficiali militari del suo partito non intendono sostenere nessuna fazione in conflitto. Ha d’altro lato accusato la fazione di Debretsion di fare affidamento sul sostegno del governo eritreo. Le leadership politiche di TPLF e amministrazione provvisorio, di fatto, appaiono divise in modo apparentemente irreversibile, e la spaccatura tra il TPLF e il TIA pare aggravarsi di giorno in giorno.

Possibili prospettive 

Come menzionato, vari analisti temono seriamente che la situazione possa sfociare in un conflitto armato. Alcuni interpretano lo schierarsi di alcuni militari con il TPLF di Debretsion come indice di due possibili scenari: rimpiazzare l’amministrazione di Getachew con la vecchia guardia del TPLF guidata da Debretsion, condizionandone poi le scelte, oppure prendere direttamente il potere essi stessi.

Altri ritengono che la fazione di Debretsion e le forze di sicurezza della TDF abbiano raggiunto un accordo per mantenere insieme il controllo della diffusa e redditizia estrazione illegale di oro presente oggi in Tigray. Se così fosse, proverebbe che la fazione di Getachew non ha accesso al guadagno dagli scavi auriferi o scarso accesso ad altre leve finanziarie, il che lo renderebbe incapace di gestire il potere nell’Amministrazione transitoria dello stato-regione.

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Per sventare dunque il rischio di un nuovo conflitto in Tigray l’accordo per il cessate il fuoco di Pretoria dovrà essere pienamente attuato. E anche per questo che Getachew Reda ha invitato in questi giorni una delegazione internazionale di vari rappresentanti dei paesi che avevano mediato i colloqui di pace di Pretoria, fra i quali Stati Uniti, Unione europea e Italia. 





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