Boom di occupati, la Sicilia sulla vetta d’Italia

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È il dato che non ti aspetti, considerando l’ultimo quadro (nero) tracciato dall’Istat sul benessere dell’Isola, relativo al 2023. Ma ripensando alle recenti fotografie del tessuto produttivo siciliano scattate da Bankitalia e Svimez, la stima non può apparire così lontana dalla realtà, soprattutto se ad elaborarla è l’autorevole Ufficio studi della Cgia: alla fine del 2024, rispetto al 2022 e valutando l’andamento complessivo del biennio, «la Sicilia dovrebbe registrare il numero più elevato di nuovi posti di lavoro, pari a 133.600 unità, con un rialzo del 10%», un record in scala nazionale, sia in termini assoluti che per variazione percentuale. La proiezione, illustrata ieri dall’associazione degli artigiani e stilata incrociando i dossier dell’Istituto di statistica con quelli di Prometeia, gruppo indipendente specializzato in ricerche economiche, piazza inoltre il territorio al primo posto anche per quanto concerne la contrazione della platea dei disoccupati, 36.800 in meno al confronto con due anni fa, con una flessione del 14%.
Valori che trovano una ulteriore conferma dall’analisi del tasso di disoccupazione, che proprio in Sicilia «dovrebbe subire la riduzione più importante, pari al 3%», mentre «a trainare il rialzo dell’occupazione», spiega il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo, «è stato soprattutto il settore edile, sotto la spinta del Superbonus, nonché i comparti vocati all’esportazione, specialmente l’agroalimentare». Detto ciò, precisando che «il merito dell’aumento dei posti di lavoro registrato in questi due anni di governo Meloni è riconducibile più agli imprenditori che alla politica», non bisogna dimenticare «che la crescita è stata molto contenuta e al rialzo dell’occupazione non è corrisposto un incremento altrettanto importante della produttività», mentre si rileva un deciso ricorso alla Cassa integrazione. Pertanto, «gli stipendi non crescono adeguatamente: un problema che va “aggredito” rinnovando i contratti nazionali alla scadenza e continuando a tagliare strutturalmente il carico fiscale che grava sugli stessi».
Intanto, il governatore Renato Schifani plaude ai dati della Cgia, perché «ribadiscono in maniera incontrovertibile che l’Isola sta crescendo. L’occupazione è in aumento, le imprese sono in espansione e i risultati ottenuti lo dimostrano chiaramente. Già confermati da analisi autorevoli di Banca d’Italia, Unioncamere e Svimez, questi progressi sono frutto di politiche mirate e del nostro impegno per favorire lo sviluppo e l’innovazione. Siamo oggi una regione modello, leader per incremento occupazionale, e questi traguardi ci spronano a proseguire con determinazione nel nostro percorso».
Un iter che, a quanto filtra da Palazzo d’Orleans, ha tre obiettivi a medio termine. Il primo punta a togliere il de minimis imposto dall’Ue sugli incentivi alle assunzioni per le imprese, che oggi non può superare i 300 mila euro l’anno: è già pronta una richiesta rivolta a Bruxelles per sforare il tetto senza incorrere nella violazione degli aiuti di Stato e far scattare così l’intervento finanziario già messo in conto dalla Regione, pari a 50 milioni di euro, allargando così la platea delle aziende beneficiare, che una volta alzata la soglia degli aiuti includerebbe le attività più grandi. Il secondo, invece, guarda il volano dell’economia siciliana, il turismo: alla Bit di Milano, il prossimo febbraio, verrà presentato un pacchetto di proposte per la destagionalizzazione, incentrato su enogastronomia ed eventi culturali. Il terzo, infine, è rivolto ai consumi: nella prima manovra utile dopo la legge di Stabilità, l’esecutivo Schifani inserirà delle misure per incentivare gli acquisti delle famiglie.
Ma a commentare il report della Cgia sono anche i sindacati. Per il segretario regionale della Cgil, Alfino Mannino, «i numeri vanno presi con le pinze, perché il monte ore lavorate è andato a calare, mentre bisogna vedere la qualità dell’occupazione. Va anche ricordato che i risultati positivi evidenziati nello studio sono frutto di scelte di politica economica fatte negli anni precedenti, che in questi mesi sono state completamente smantellate, in particolare nell’ultima legge finanziaria, con impatti devastanti a partire dal 2025. Basti pensare al taglio della decontribuzione per i dipendenti nel Mezzogiorno e alla fine del Superbonus, che ha dato grande impulso al Pil siciliano. Senza dimenticare la crisi della politica industriale, che ha reso incerto il futuro del Polo di Milazzo e di Priolo».
Per il segretario generale della Cisl Sicilia, Leonardo La Piana, i dati, invece, «rappresentano certamente un passo positivo per il mercato del lavoro regionale, ma occorre massimo impegno affinché questo trend si consolidi e si rafforzi. Va affrontato il problema del disallineamento tra competenze richieste e professionalità offerte, che costituisce un freno alla crescita. Vanno potenziate le politiche attive, con investimenti mirati a colmare il mismatch fra domanda e offerta, e va promossa e sostenuta l’occupazione delle donne e dei giovani, attraverso servizi di conciliazione e misure di innovazione tecnologia. Al centro di questa strategia integrata, devono esserci il rispetto dei contratti nazionali e una forte accelerazione della contrattazione decentrata, anche in termini di welfare aziendale».



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